29 aprile 2017

Letteratura denigratoria contro Carl Schmitt: 1. Alberto Predieri.

Scritti di Carl Schmitt: CS1 - 2 - 3 - 4 -
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L’occasione di questa serie di articoli ci è data da una trasmissione radiofonica dello scorso anno su Radio radicale, dove si passa il segno gratificando Schmitt di “vile”, “imboscato”, “carrierista” e simili amenità. Il tema è nuovo e non abbiamo saputo trovare un titolo migliore, che soprattutto ci ponga al riparo dall’apparire “apologeti” di Carl Schmitt di fronte a suoi accusatori, denigratori, detrattori, diffamatori. Il ruolo non ci attiene perché riteniamo che Schmitt non abbia nessun bisogno di “apologeti” e, ove fosse, altri meglio di noi potrebbero assumere questa funzione. E tuttavia ci sembra interessante non più interrogarsi sulle ragioni di una evidente “classicità” e di una fortuna dell'opera schmittiana che è sbarcata perfino in Cina, ma al contrario sulle ragioni e sulle cause di un'ostilità preconcetta ed anche aspra. L'operazione ci sembra analoga a quella contro Martin Hiedegger, Ernst Jünger, Ernst Nolte ed in genere contro quanti propongono o inducono a categorie interpretative diverse e antagoniste rispetto a quelle imposte agli Europei ed al mondo intero dai vincitori del 1945. Il Tribunale di Norimberga non solo ha fornito il quadro giuridico di una nuova politica culturale, pedagogica, comunicativa, ma ha istituto una nuova religione e nuovi processi identitari: la Religio Holocaustica. Già con Schmitt si era tentata una messa in stato di accusa con una lunga e dura detenzione durata 13 mesi nei campi di prigionia in Berlino e in Norimberga. L’operazione politico-culturale è abbastanza evidente nelle sue linee guida, ma occorre anche poterla seguire nelle sue articolazioni, Paese per Paese. Noi qui diamo inizia con l'analisi di un'opera che ci aveva fatto indignare prima che ancora che uscisse: i due volumi di Alberto Predieri di ben 1267 pagine per sostenere la tesi espressa con il titolo: Carl Schmitt, un nazista senza coraggio. Nel 1999 ne avevamo buttato via i volumi dopo le 300 pagine, come dichiarammo in una recensione stroncatoria che non venne pubblicato. Oggi come allora il libro ci sembra sbagliato già nel titolo, ma oggi lo scopo e l'animus non è più quello di allora e non ci turba l’indignazione di allora. Ci interessano capire non le basi e il fondamento della “viltà” di Carl Schmitt, ma i fondamenti e le idealità di un Alberto Predieri e in generi i presupposti ideologiche della critica e perfino denigrazione di Carl Schmitt. Queste basi ci sembrano assai fragili. Poggiano su un condizionamento ideologico che dopo il 1945 è ben più pesante e capillare di quanto abbiano potuto subire le generazioni vissute prima della svolta del 1945. Ci trovavamo in Monaco all'Institut für die Zeitgeschichte e nel visionare documenti della seconda guerra mondiale ci ha colpito una frase ricorrente: Das ist ein ideologischer Krieg. Quella guerra non è mai terminata e di anno in anno diventa sempre più aspra, capillare, interiorizzata. Crediamo che sia utile acquisirne consapevolezza. Questa serie di articoli, saggi o post, come le si vuol chiamare, sono legato a due altre Serie ed insieme formano un Trittico: a) La pubblicazione e annotazione del volume del SD su Carl Schmitt iniziato nel 1936; b) Il resoconto stenografico del Processo Prussia contro Reich del 1932 c) Questa serie, avviata e ispirata dalla Dibattito ospitato da Radio radicale, che mi ha fornito la provocazione iniziale, ma che continuerà seguendo anche il dibattito su Heidegger, che vede chiamato in causa Carl Schmitt. Nel libro di Faye viene addirittura descritta una sorta di associazione a delinquere costituita principalmente da Heidegger, Schmitt, Jünger, Nolte... Faurisson e i “negazionisti”! Non abbiamo nessuna prevenzione in questo inizio di ricerca, ma sono già illuminanti i criteri interpretativi che questi autori “partigiani”, americanizzati, filoisraeliani, si propongono. Hanno qualcosa in testa e già ce lo hanno fatto capire. Non ci interessa tanto ciò che dicono quanto ciò che sono e ciò che vogliono: privarci della nostra libertà di pensare e di filosofare. Ci vogliono combattere ed a noi tocca difenderci. La lotta culturale può essere anche più aspra di quella che si combatte nei campi di battaglia con armi in senso proprio.

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Ci accingiamo a leggere tutte, proprio tutte, le 1265 pagine dei due volumi di Predieri con titolo “Carl Schmitt, un nazista senza coraggio”. Non solo. Leggeremo anche l'opera di Predieri precedente, con titolo: La guerra, il nemico, l’amico, il partigiano. Ernst Jünger, Carl Schmitt, Firenze, La Nuova Italia, 1998, se riusciamo a trovarlo in qualche biblioteca. Al momento non aveva attratto la nostra attenzione e ci era parso sufficiente avere acquistato i due volumi qui in nostro possesso. Per non essere ingiusti, va riconosciuto a Predieri tutto l'impegno per un'opera così poderosa, seppur degna di miglior causa. Procederemo con metodo, facendo una lettura rigorosamente sequenziale, e con l'occasione utilizzando i titoli che mancassero nella nostra Bibliografia schmittiana. Per poter poi ripercorrere in lungo e largo tutto il testo ne facciamo una scansione con lo scanner, trasformiamo il testo a stampa in un pdf, e quindi attiviamo il motore della ricerca testuale. Nulla in questo modo potrà sfuggirci. Ovviamente questo lavoro richiede del tempo che non potrà esaurirsi in una sola seduta di lavoro. Avrà le sue interruzioni e le sue riprese. Tutto sommato non ci dispiace farlo. Sarà a suo modo un lavoro di studio istruttivo.

Passando al merito, il nostro Predieri, nato a Torino il 7 marzo 1921, morto nel Cormayer il 16 agost0 2001 , non ci sorprende fin dalle prime righe. La sua morte avvenuta nel 2001 ci era passata del tutto inosservata, ad appena due anni dall'uscita del volume di cui parliamo, che aveva avuto una prima edizione privata nel 1998. Quella che esamino e la seconda edizione. Ed ero stato alla sua presentazione svoltasi in Roma alla Facoltà di Scienze Politiche. All'epoca, per poter intervenire eventualmente nel dibattito, avevo cercato di procurarmi il libro prima della Presentazione, ma era rigorosamente proibito. Si dovevano ascoltare le lodi e le promozioni del libro senza avere la possibilità di leggerlo preventivamente ed eventualmente di poterne dire qualcosa dal pubblico. Cos' era stato disposto. Questa era la regia. Siamo nel 1999 e Predieri nega a Schmitt quella “classicità”, che da allora è andata crescendo fino a sbarcare in Cina. Negli Usa se ne sono appropriati i Neocon, che ne fanno un uso al quale Schmitt non aveva certo pensato e di cui non può essere responsabile allo stesso modo in cui gli è stata attribuita la paternità del nazismo e di Hitler.

(segue)

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