19 giugno 2007

Iconografia: 1. Immagini di Carl Schmitt

Versione 1.1
Premessa

Ormai internet è diventato anche un immenso archivio di immagini. Incominciano ad apparire parecchie foto ed illustrazioni riguardanti Carl Schmitt. Di ognuna di esse verrà data la fonte stessa dell'immagine, cioè la sua url ed il contesto in cui si trovano. Nei limiti del possibile verrà data una didascalia dove si cerca di descrivere il soggetto, il luogo, il momento e le circostanze in cui l'immagine è stata prodotta.


1.

Fonte. Suo contesto: Carl Schmitt – eine deutsche Frage als Gestalt -Wege und Umwege einer Theorie- und Rezeptionsgeschichte – Schärfster Kritiker des Weimarer Parlamentarismus, Kronjurist des „Dritten Reichs“, Vater der Verfassungsväter – die Beinamen, die Carl Schmitt gegeben worden sind, sind zahlreich und betonen seinen jeweiligen Einfluß in den verschiedenen Regierungssystemen, in denen er publiziert hat. Auch wenn seine tatsächliche Wirkung teilweise fraglich ist, hält das Interesse an seinen Schriften – auch von linker Seite – nach wie vor an. Warum eigentlich? Olaf M. Braun.


2.

Fonte. Suo contesto.

3.

Fonte. Suo contesto.

09 giugno 2007

Due parole sul nazismo di Schmitt

Versione 1.0

Leggo oggi la recensione di Antonino Scalone a Carlo Angelini. Trattasi di un libretto di 41 pagine che non ho ancora visto, pur avendolo ordinato all’editore. Mi limito davvero a due parole riservandomi altrove un più ampio intervento critico, ovvero rinviando alla mia presentazione a “Posizioni e concetti”, dove sono già compresi alcuni dei saggi incriminati. La questione dei diritti è un poco confusa. Non sono io particolarmente esperto o interessato alla materia. Mi auguro solo che i testi che qua e là vedo uscire non impediscano il mio progetto di una raccolta completa di tutti gli scritti maledetti ed incriminati di Carl Schmitt, cioè quelli del periodo nazista, su cui in Francia Zarka si sta dando tanto da fare.

L’osservazione elementare è quanto mai semplice. Schmitt fu un uomo del suo tempo. Gadamer dice da qualche parte che era considerato da suoi coetanei come il più intelligente della loro generazione. A parte i crimini da codice penale, non si può incolpare nessuno per le sue opzioni politiche. In altre parole, dovremmo smetterla di ritornare su questo stantio ritornello del nazismo di Schmitt ed incominciare invece ad interrogarci sulla nostra demonizzazione di un periodo storico travagliato dell’Europa e della Germania.

Solo così, facendo prima noi una nostra autoanalisi, potremo poi occuparci di un periodo della vita e della produzione di Schmitt che resta alquanto limitato nella vita lunghissima e nella produzione scientifica di Carl Schmitt, che visse 97 anni e scrisse per oltre 60. Il nazismo durò 11 anni. L’impegno di Schmitt nel nazismo occupa i primi tre anni iniziali, quando il nazismo era capace di aumentare in misura considerevole per tutti le basse pensioni e di far pagare le tasse ai capitalisti. Adottava cioè quelle misure di cui Weimar si era dimostrata incapace. Pertanto, non dovrebbe riuscire strano che il nazismo riscuotesse un vasto consenso popolare.

Quanto poi alla tesi che l’opera di Schmitt sarebbe intrinsicamente nazista in tutto il suo corpus, presuppone che Zarka ci sappia dire lui cosa il nazismo fu. E rispettosamente ho i miei dubbi che Zarka ci possa dare siffatti. Ma se però fosse come lui dice, allora egli avrà finalmente dato al nazismo quella legittimità e dignità politica che proprio nessuno (pena la galera!) è disposto a rinoscergli, almeno in pubblico. Ed ecco che veniamo al problema della libertà di pensiero. Non credo che ce ne sia tanto e che gli intellettuali di oggi, vivendo in regime di libertà, siano granche migliori e più affidabili di quelli di ieri, che vivevano in condizioni certamente più difficili.

Quanto agli intellettuali emigrati io che sono uomo semplice trovo poco edificante il fatto che siano tornate al seguito delle armate alleato che occupavano e mettevano a ferro e fuoco quella che era stata la loro patria. Se io fossi vissuto in quegli anni ed avessi amato la mia patria al modo in cui Socrate ci insegnò si debba amare la propria patria, non avrei lasciato la Germania o l’Italia, qualunque fosse stata la mia sorte. Non essendo stato capaci del sacrificio supremo a cui è tenuto un soldato chiamato alle armi, io non ritengo che gli “emigrati” abbiano titolo a dare lezioni di etica pubblica a quanti sono rimasti in patria.

Il discredito crescente in cui ogni giorno cade la nostra classe polititica – la Casta – dovrebbe farci giudicare con minore severità le classi politiche del famigerato ventennio, le cui responsabilità che furono costretti ad assumersi vanno forse ricercate altrove. Dovremmo essere capaci di ripensare la storia del XX secolo senza i paraocchi ufficiali che ci sono stati imposti dai vincitori e dalle classi che da allora si sono succedute al potere con mirabile continuità degna della trasmissione nobiliare dei privilegi per nascita. Non per nulla – leggiamo – il nostro Quirinale repubblicano ci costa quattro volte la monarchia inglese!