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⇐ || ⇒ Da - Di - Do - Dr - Du - Dv - Dw - Dy.
– Dizionario schmittiano: Lettera A, B, C, D, E, F, G, H, I, J, K, L, M, N, O, P, Q, R, S, T, U, V, W, X, Y, Z.
Analitico -
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Analitico -
Denazificazione: con questo termine vengono indicate un insieme aggrovigliato e intersecantesi di normative e di politiche di ogni genere che dalla fine della guerra ad ogni non hanno mai cessato di sottomettere e condizionare i popoli europei tanto ad Ovest quanto ad Est. Non ci si limitava alle normali clausole cui dovevano sottostare i vinti delle guerre finora regolate dal diritto internazionale bellico classico, ma ora si interveniva direttamente sulla formazione mentale dei popoli vinti e sulle sue generazioni. L’internamento di Carl Schmitt in Berlino e a Norimberga avevano lo scopo di colpire ai massimi livelli possibili la cultura dei popoli vinti. In un certo senso, lo stesso Schmitt aveva previsto questo nella sua teoria dell’amico-nemico, dove si indica nella sfera intellettuale e spirituale l'ultimo stadio dell’annientamento di un popolo e della sua definitiva uscita di scena nel teatro della storia universale. || Quartisch: «Il rilascio dal campo di internamento - disposto il 2 agosto 1946 e attuato il 10 ottobre dello stesso anno - era stato preceduto da una discussione davanti alla Commissione tedesca per la sicurezza e il controllo e davanti alla competente commissione americana. Ma con ciò Schmitt non era stato “denazificato”: era stato semplicemente posto termine al suo internamento. È vero che questi rilasci erano disposti soltanto quando da un futuro procedimento di denazificazione non c’erano da attendersi pene detentive, ma il rilascio non pregiudicava lo specifico procedimento di denazificazione. Le autorità americane avrebbero potuto benissimo internare Schmitt mantenendolo agli arresti fino a che non fosse stato sottoposto al procedimento di denazificazione. E comunque in questo caso sarebbero state le autorità tedesche preposte alla denazificazione a dover decidere su Schmitt. Se lo si voleva punire, il procedimento di denazificazione era l’unica strada, certamente la più semplice» (Q21).
Dickmann, Wilelm. - A detta di Kempner era un avvocato, citato erroneamente come William, che lavorava a Berlino e che era stato incaricato “da parte dei tedeschi” di indagare sul ruolo di Schmitt. Nato nel 1909, morto nel 1988, era un “emigrato”, che aveva lasciato Berlino nel 1933.
DIRETTIVE del Consiglio Alleato di Controllo. - La categorizzazione e in generale l’intero apparato della “denazificazione” (v.) che si esprimeva nelle Direttive sono stati eleborati soprattutto dalle autorità americane di occupazione.
– N° 38 del 12 ottobre 1946: «prevedeva la pena di morte, la reclusione o il carcere da cinque a quindici anni, la confisca dei beni e l’interdizionane professionale per i gruppi dei “colpevoli principali”; ma solo nella zona di occupazione sovietica la direttiva fu applicata direttamente. Nelle zone occidentali di occupazione ci si comportò in generale secondo il modello della legge del governo militare n. 104 del 5 marzo 1946 sulla liberazione dal nazionalsocialismo e dal militarismo per i seguenti Länder: Assia, Baviera, Württenberg-Baden nella zona di occupazione americana». (Q20).
Diritto. - Il concetto originario di diritto e suoi derivati nasce dall’esperienza dell’uomo con la terra e sulla terra: «La terra è detta nel linguaggio mitico la madre del diritto. Ciò allude a una triplice radice dei concetti di diritto e di giustizia. In primo luogo la terra fertile serba dentro di sé, nel proprio grembo fecondo, una misura interna. Infatti la fatica e il lavoro, la semina e la coltivazione che l’uomo dedica alla terra fertile vengono ricompensati con giustizia dalla terra mediante la crescita e il raccolto. Ogni contadino conosce l’intima proporzione di questa giustizia. In secondo luogo il terreno dissodato e coltivato dall’uomo mostra delle linee nette nelle quali si rendono evidenti determinate suddivisioni. Queste linee sono tracciate e scavate attraverso le delimitazioni dei campi, dei prati e dei boschi. Nella varietà dei campi e dei terreni, nella rotazione delle colture e nei terreni a maggese, esse sono addirittura impiantate e seminate. E in queste linee che si riconoscono le misure e le regole della coltivazione, in base alle quali si svolge il lavoro dell’uomo sulla terra. In terzo luogo, infine, la terra reca sul proprio saldo suolo recinzioni e delimitazioni, pietre di confine, mura, case e altri edifici. Qui divengono palesi gli ordinamenti e le localizzazioni della convivenza umana. Famiglia, stirpe, ceppo e ceto, tipi di proprietà e di vicinato, ma anche forme di potere e di dominio, si fanno qui pubblicamente visibili. Così la terra risulta legata al diritto in un triplice modo. Essa lo serba dentro di sé, come ricompensa del lavoro; lo mostra in sé, come confine netto; infine lo reca su di sé, quale contrassegno pubblico dell’ordinamento. Il diritto è terraneo e riferito alla terra. E quanto intende il poeta quando, parlando della terra universalmente giusta, la definisce justissima tellus» (nt 19-20). || «Limitiamoci quindi dapprima ad un esame dell’occupazione di terra in quanto atto primordiale che istituisce diritto» (Nt 23).
Disraeli, Benjanin. – n. a Londra nel 1804, m. a Londra nel 1881; Wikipedia.it - Di un quadro di Disraeli appeso sopra la scrivania di Schmitt parla Nikolaus Sombart: «In diesen Jahren damals«, erzählt Nicolaus Sombart, »hing über Schmins Schreibtisch das Bild Benjamin Disraelis, den er bewunderee - weil Disraeli nämlich für Schmitt den jüdischen Universalismus mit der englischen Herrschaft der Meeres kombiniere hatte. Das war die ideale, ‘weltgeistgemäße’ Symbiose. Jüdische Weltreich-Visionen und englische Weltmacht vereinigten sich zu einem unwiderstehlichen Menschheitsprojekt, dem sich niemand entziehen konnte. Das britische Empire, die Kaiserkrone von Indien, war die geniale Idee eines Juden. Damit konnte die Bismarcksche mitteleuropäisch-kleindeutsch-preußische Reichsgründung nicht konkurrieren. Was war das deursche ‘Mit Gott für König und Vaterland’gegen den Fortschrittsglauben einer zivilisierten Menschheit. [ .. . ] Die Frage, die Carl Schmitt beschäftigte, war offensichtlich die: Wie hat der alre Jude das gemacht? Sie besitzen das Geheimnis über den Umgang mit dem Leviathan - sie verstehen ihn zu zähmen und, wenn es so weit ist, zu sezieren. Ohne Gewalt. Durch Magie? Durch Zauberei? Durch die Macht des Geistes! Wahrscheinlich rührte daher Schmitts Bewunderung für Disraeli, den er vielleicht einmal zu besiegen gehofft hatte. Doch am Ende war er, Schmitt, der Besiegte und konnte nur eines seiner Lieblingszitate anbringen: “Der Feind ist unsere eigene Frage als Gestalt”. Was mich ergriff, war das Gefühl der Ohnmacht, das aus allen Worten Schmitts sprach. Er war gleichzeitig derjenige, der überzeugt war, das überlegene Wissen auf seiner Seite zu haben, der die Geschichte durchschaute, der titanische Herausforderer aller Welrmächte und der im Grunde doch ahnungslose deutsche Professor, der ohnmächtig von der Macht träumt, die er nicht hat, und für den immer noch der Vers von Heine galt: “Wir aber besitzen im Luftreich des Traums / Die Herrschaft unbestritten”. Er war der little fellow, der das Kunststück versucht, durch List und Dreistigkeit seinen gewaltigen Gegner zu unterlaufen und zu Boden zu werfen. [ .. . ] Inzwischen hat sich herausgestellt, dass das earl Schmittsche Großraumkonzept die einzige tragfähige Basis einer künftigen polyzentrischen WeltRaum-Ordnung sein kann. Aber inzwischen hat man vergessen, dass er der gedankliche Urheber dieser Konzeption ist. Man entdeckt heute den falschen Carl Schmitt wieder, plündert das Arsenal des Konstrukteurs der Junggesellenmaschine ‘Staat’, starr dem Pionier der Raumrevolution in das offene Denken einer planetarischen Weltordnung zu folgen» (Sombart, Spaziergang mit Carl Schmitt, p. 250 ».
Döhnoff, Marion Grafin. - Marion Hedda Ilse Grafin Döhnhoff, nata il 2 dicembre 1909 nel castello di Friedrichstein nel Prussia Orientale, morta l'11 marzo 2002 in Schloss Crottorf bei Friesenhagen, nel Rheinland-Pfalz. Vedi su di lei scheda in Wikipedia. In questo Dizionario a noi interessa solo per il suo riferimento a Carl Schmitt in merito a una edizione del “Colloquio sul potere”, apparsa su Die Zeit. La contessa era fortemente avversa al nome e alla figura di Carl Schmitt. Della vicenda si parla in Imperium, ossia il titolo con il quale è apparso in forma di libro, apparso nel 2010, trad. it. 2015, la trascrizione di una serie di interviste radiofoniche a Carl Schmitt fatte da Klaus Figge e Dieter Groh nel 1971. Se ne riportano di seguito i brani relativi. La “iena” si era opposta a una intervista che altri redattori die «Die Zeit» avevano fatto a Carl Schmitt e ad altre che intendevano farne, al punto da causarne il licenziamento, o almeno la non ulteriore collaborazione. Lei stessa così si esprime in una intervista del 30 novembre 1984, essendo allora Schmitt ancora in vita: ««Tüngel e il redattore Petwaidic si recano sempre a Plettenberg da Carl Schmitt. Da parte mia, ho detto che è del tutto inutile discutere con ceffi del genere. Già nel periodo in cui studiavo all’università, costui aveva svolto il ruolo del cattivo, cioè di chi procurava legittimità al Führer. Sì, fornì legittimazione giuridica allo Stato guidato da un Führer. Se però avesse scritto sul nostro giornale, avevo già detto che mi sarei subito licenziata. Mentre ero in vacanza in Irlanda, sfoglio il giornale e trovo un articolo di Carl Schmitt, Im Vorraum der Macht. All’epoca, questo giornale minacciava di finire in uno schieramento di orientamento piuttosto conservatore, quasi di destra radicale. Conservatore non sarebbe stato poi così male. Ma proprio questi vecchi ceffi, che avevano portato a tutta questa porcheria, dovevano scrivere sul nostro giornale!». L’annotazione in Imperium, edito a cura di Frank Hertweck e Dimitrios Kisoudis, così continua: «Il direttore editoriale Richard Türigel, responsabile della pubblicazione - su «Die Zeit», del 29 luglio 1954 - di questo articolo, Nell’anticamera del potere, che era un estratto dal Dialogo sul potere di Carl Schmitt, dovette alla fine lasciare il giornale, dopodiché la contessa Dönhoff ritornò dall’«Observer», di Londra a lavorare per «Die Zeit». Sulla storia della pubblicazione, cfr. la postfazione di Gerd Giesler alla nuova ed. di Carl Schmitt, Gespräch uber die Macht und den Zugang zum Machthaber, Klett-Cotta, Stuttgart 2008, pp. 85 sg. [non tradotta nella trad. it. Dialogo sul potere, Adelphi, Milano 2009]. Di una poesia satirica scritta da Carl Schmitt sulla «giraffessa» del luglio 1962, Mohler racconta: “La contessa Marion Donhoff: l’odio che C. S. nutriva contro di lei si trasformò in una ossessione che risulta comprensibile solo a partire dalle speranze che Schmitt aveva risposto in un orientamento nazional-liberale del giornale Die Zeit guidato da Tüngel - non voleva avere contro almeno uno dei maggiori giornali”, Armin Mohler/Carl Schmitt, Briefwechsel mit einem seiner Schüler, Akademie-Verlag, Berlin 1995, p. 319, nota 389. Il 2 giugno 1955 racconta Schmitt: “Con Die Zeit non ho più alcun contatto. La contessa Dönhoff si è dimessa in agosto con gran baccano e ha usato come pretesto il fatto che Tüngel ha pubblicato il mio scritto sul potere; ha fatto recapitare “materiale” contro di me. Adesso le contesse diventano iene» (ibid., p. 200)». Nel paragrafo sul “fiorire del cosiddetto giornalismo postbellico” Schmitt stesso così racconta della sua iniziale collaborazione con Die Zeit, subito abortita per la pronta e furibonda reazione della “iena” Döhnhoff: «... è stato al settimanale Die Zeit, all’epoca in cui quelli della redazione venivano occasionalmente a farmi visita da Amburgo. A raccontarmelo fu Richard Tüngel. Ve lo ricordate? Lavorava a Die Zeit prima della contessa Dönhoff. Quando quella volta vennero a trovarmi, Tüngel mi raccontò che aveva
detto a qualcuno della redazione, non so se alla stessa contessa Dönhoff, ma non credo . . . A qualcuno della redazione ... Disse: “Sto per andare a Plettenberg”. Al che si sentì domandare: “Perché mai a Plettenberg?”. E lui disse: “Voglio andare a trovare Carl Schmitt”. E a quel punto gli avrebbero detto alquanto inorriditi: “Vuoi forse preparare un colpo di Stato?! ”. Questo ci riporta alla questione Fritsch, che bisogna menzionare perché è importantissima. Sapete, no? Di Fritsch?» (Imperium, trad. it., pp. 60-61) Per quest’ultimo episodio biografico si rinvia ad altra voce. Il “mito” riguarda un’altra leggenda secondo la quale Schmitt sarebbe stato coinvolto in un “colpo di stato” attribuito a Fritsch.
– N° 38 del 12 ottobre 1946: «prevedeva la pena di morte, la reclusione o il carcere da cinque a quindici anni, la confisca dei beni e l’interdizionane professionale per i gruppi dei “colpevoli principali”; ma solo nella zona di occupazione sovietica la direttiva fu applicata direttamente. Nelle zone occidentali di occupazione ci si comportò in generale secondo il modello della legge del governo militare n. 104 del 5 marzo 1946 sulla liberazione dal nazionalsocialismo e dal militarismo per i seguenti Länder: Assia, Baviera, Württenberg-Baden nella zona di occupazione americana». (Q20).
Gaia |
Benjamin Disraeli. |
Grafin Döhnhoff, 1971 |
detto a qualcuno della redazione, non so se alla stessa contessa Dönhoff, ma non credo . . . A qualcuno della redazione ... Disse: “Sto per andare a Plettenberg”. Al che si sentì domandare: “Perché mai a Plettenberg?”. E lui disse: “Voglio andare a trovare Carl Schmitt”. E a quel punto gli avrebbero detto alquanto inorriditi: “Vuoi forse preparare un colpo di Stato?! ”.
Dorotić von, Pabla (Cari): prima moglie di Carl Schmitt, della quale per qualche tempo Schmitt assunse anche il cognome.
Drieu la Rochelle, Pierre: n, nel 1893, m. nel 1945; Wikipedia.it - Amico di Schmitt. «Pierre Drieu la Rochelle. Si tolse la vita nel ’44. Era francese, un parigino. Fu per anni amico di Aragon, in origine era socialista, ma poi non sapeva più che direzione seguire. Lui pensava che non vi fosse realtà oltre a quella della sofferenza - se non addirittura del dolore, o perfino della miseria. Beh, questo era il suo tipo di filosofia, ma aveva qualcosa di plausibile, e, sebbene sia forse riducibile ad altre pessimistiche visioni del mondo, per me non cambia niente.» (Imperium, 50). ««Alcuni giorni fa ho di nuovo incontrato qui a Berlino alcuni dei francesi che domenica sera erano presenti all'Istituto Tedesco dopo il nostro viaggio: Drieu la Rochelle, inoltre [Robert] Brasillach, [Abel] Bonnard ecc. Drieu la Rochelle è stato giovedì scorso per alcune ore da solo a casa mia; aveva grande interesse per i quadri di [Werner] Gilles, che si era guardato bene prima di far visita all'atelier del prof. Arno Breker».» (Ivi, 157).
Pierre Drieu La Rochelle. |
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Professore le faccio i migliori auguri per questa interessante iniziativa. Intendo il blog su Schmitt in generale ma anche, nel particolare, questo dizionario.
RispondiEliminaSpero che alla lettera "D" ci sarà posto per il nome di Disraeli. Ho letto da qualche parte, purtroppo non ricordo più in quale libro, che Schmitt teneva nel suo studio, in bella mostra, un ristratto di Disraeli. Le risulta ?