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L’INTERVISTA DEL MESE
ALLE FONTI DI HEIDEGGER
A colloquio con Francesco Alfieri
di Giovanni Sessa
Martin Heidegger è pensatore cruciale del Novecento. Egli, come molti intellettuali dell’epoca, si confrontò con la dimensione magmatica che il “secolo breve” assunse sotto il profilo politico. Non poteva essere diversamente. Fin dal periodo giovanile, nella fase aurorale della costruzione del proprio filosofare, aveva colto la ‘priorità’ del momento pratico rispetto a quello teoretico. Tale intuizione lo costrinse a venire a ‘ferri corti’ con la propria epoca, a confrontarsi, quindi, con l’esperienza storico-politica del nazionalsocialismo. E così, a fronte dei numerosi riconoscimenti che gli sono stati concessi nel corso degli anni, periodicamente riemerge contro di lui l’accusa di essere stato ‘un compagno di strada’ dell’hitlerismo. Nel 1987, in questo senso, i primi strali polemici nei suoi confronti furono lanciati dallo studioso cileno Victor Farias, a cui risposero con persuasività argomentativa sia Fédier che Gadamer, allievi diretti del pensatore di Friburgo. È nell’ultimo periodo che il caso Heidegger è tornato prepotentemente agli onori della cronaca, soprattutto giornalistica, dopo la pubblicazione dei cosiddetti
Quaderni neri. Titolo suggestivo e ‘politicamente corretto’ attribuito ai ‘Taccuini filosofici’ dal curatore tedesco, Peter Trawny. Questi ha dato alle stampe anche un volume intitolato
Heidegger e il mito della cospirazione ebraica, che muove da una lettura afilosofica del pensiero del tedesco, al fine di stigmatizzarne la sintonia politica con i fascismi e l’antisemitisimo. Per il curatore tedesco, tali elementi rappresenterebbero il momento esoterico alla base della storia dell’essere (antisemitismo ontico-storico). A tale posizione si è richiamata in Italia Donatella Di Cesare, autrice del volume
Heidegger e gli ebrei. I “Quaderni neri”, formulando l’ipotesi che «l’antisemitismo metafisico» di Heidegger rappresenti semplicemente l’apice novecentesco di un filone speculativo che da Kant muove fino a Nietzsche. I due libri hanno aperto una polemica incontenibile.
Alle accuse hanno risposto in termini di ricostruzione filologica dei testi heideggeriani e di contestualizzazione storica della sua filosofia, Friedrich Wilhelm von Herrmann e Francesco Alfieri. Il primo, docente emerito dell’Università di Friburgo, fu l’ultimo assistente privato del filosofo, da questi designato quale unico responsabile scientifico della pubblicazione della sua opera omnia. Il secondo, è docente di Fenomenologia della religione nella Pontificia Università Lateranense e nominato da von Hermann, nel 2016, suo assistente privato. Lo hanno fatto in un volume lungamente pensato, nelle librerie per Morcelliana editore,
Martin Heidegger. La verità sui Quaderni Neri.
Il libro è impreziosito da un saggio chiarificatore di Leonardo Messinese, da lettere inedite del carteggio Heidegger von Herrmann, e da missive di Gadamer. Chiude il volume un’Appendice di Claudia Gualdana, che presenta l’esegesi dei numerosi contributi giornalistici usciti in tema. Sono, peraltro, in corso, le traduzioni del testo nelle principali lingue europee. Lo hanno annunciato con soddisfazione i traduttori designati del volume, durante il Convegno internazionale di studi tenutosi lo scorso 25 gennaio presso la Pontificia Università Lateranense (Città del Vaticano),
Ritorno alle fonti di Martin Heidegger. Vie della Seinfrage. Il Convegno è stato evento di grande rilevanza culturale per l’Italia. A esso hanno preso parte in qualità di relatori i più affermati studiosi della filosofia di Heidegger. Tra gli altri, oltre a von Herrmann, Alfredo Marini, traduttore di
Essere e tempo, François Fédier, Günther Neumann, Pascal David, Giampaolo Azzoni.
La giornata si è aperta con la lettura del ‘saluto’ inviato ai convegnisti da Arnulf Heidegger, nipote del filosofo, in cui si dice: «Dopo la pubblicazione delle Riflessioni e delle Annotazioni che a livello internazionale sono note come
Quaderni neri, sono molto grato al prof. von Herrmann e al prof. Alfieri per aver reso possibile un nuovo approccio a queste annotazioni ‘di cantiere’ che erano state interpretate in modo piuttosto tendenzioso». Parole che evidenziano la condivisione della famiglia del filosofo per il lavoro dei due studiosi. In quella giornata, il pubblico ha testimoniato l’interesse crescente per la speculazione heideggeriana nel nostro paese, a novant’anni dalla pubblicazione di
Essere e Tempo.
• Prof. Alfieri, può sinteticamente illustrare i risultati cui è giunto nel volume
La verità sui Quaderni neri, che smentiscono la tesi della
reductio ad hitlerum tentata nei confronti della filosofia di Heidegger?
– Quando abbiamo messo mano, insieme al prof. von Hermmann, allo studio sistematico dei ‘Taccuini’ pubblicati in Germania un lavoro durato quasi due anni ci siamo resi conto che non è possibile cogliere il contenuto di questi testi se non facendo riferimento ai trattati di Martin Heidegger e quindi alle sue opere capitali. Molti, in questi anni di intenso lavoro, ci hanno posto la domanda se abbiamo riscontrato tracce di antisemitismo nei riferimenti testuali del filosofo. Naturalmente, se le avessimo trovate, le avremmo subito poste in evidenza, perché è nello stile della ricerca scientifica divulgare i risultati a cui si giunge, ma di insinuazioni di frasi antisemite o che rimandino, comunque, all’antisemitismo non vi è alcuna traccia nell’opera del pensatore tedesco. Nel nostro libro, servendoci dell’imprescindibile analisi filologica, abbiamo dimostrato, ponendoci in attento ascolto del movimento del pensiero heideggeriano, che non è possibile accostarsi ai cosiddetti ‘Quaderni neri’, fermandosi a una lettura squisitamente letterale degli stessi. Dunque, riteniamo definitivamente chiusa la controversia sul caso Heidegger e i ‘Taccuini’: in ultima istanza, il grande polverone che si è sollevato in questi anni scaturisce da una strumentalizzazione costruita ad hoc, che va oltre i ‘Taccuini’ stessi, semplice strumento giustificativo della strumentalizzazione.
• Può, allora, illustrarci le ragioni di tale strumentalizzazione costruita
ad hoc?
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Martin Heidegger (1889-1976) |
– Si tratta certamente di vera e propria strumentalizzazione. Lo si evince con chiarezza dalle Nachwort (Conclusioni) scritte dal curatore tedesco dei ‘Taccuini’ nei volumi 94, 95, 96 e 97 della
Gesamtausgabe (Opera omnia). In queste Nachwort, l’autore accosta in maniera magistrale, ma di per sé artificiosa, il linguaggio heideggeriano del pensiero storicoontologico, con alcune riflessioni relative agli eventi storici della Germania di quei tempi. Tale accostamento improprio ha fatto sì che si generasse nel lettore il dubbio che tutta la speculazione heideggeriana sia contaminata da antisemitismo. Nelle tesi del curatore tedesco dei ‘Quaderni neri’, il lettore non troverà mai giustificato il presunto antisemitismo storicoontologico e lo stesso curatore tedesco è cosciente che i testi non lo confermano affatto. Nonostante abbia piena coscienza di ciò, non lo ammette esplicitamente, ma anzi tende a insinuare nel lettore dubbi artificiosi sulla questione. Tale disonestà intellettuale è, purtroppo, di ostacolo a chi legge, in quanto impedisce di accedere alle fonti in modo libero e privo di pregiudizi.
• Quali sono state le reazioni della stampa italiana alla pubblicazione dei ‘Quaderni neri’ e, successivamente, del vostro libro?
– La stampa italiana, al pari di quella tedesca, ha scelto, nella maggioranza dei casi, di allinearsi alla via più ovvia e politicamente corretta, delle strumentalizzazioni ideologiche. Tale scelta è stata determinata dalla necessità di far presa sulle masse e accreditare sempre più, presso il grande pubblico, le tesi preconcette dei sostenitori di queste strumentalizzazioni. Del nostro libro si è comunque parlato, nonostante il voluto silenzio dei giornali schierati a sinistra e al servizio del potere culturale ed economico dominante. Così, della nostra pubblicazione, hanno egregiamente taciuto, in primis il «Corriere della Sera», a seguire «la Repubblica», «La Stampa» e, non ultimo, «Il Sole 24 ore».
• Se così stanno le cose, può spiegarci le ragioni del titolo del Convegno “Ritorno alle fonti di Martin Heidegger”. Non sarebbe stato più opportuno tenere un Convegno dedicato ai ‘Quaderni neri’ e alle problematiche a essi connessi?
– Il prof. von Hermman ha voluto fortemente che si ritornasse a discutere scientificamente delle fonti di Martin Heidegger. In tale scelta è da individuarsi lo spirito, il file rouge, che ha animato il Convegno del 25 gennaio scorso. Solo tornando a studiare le fonti di Martin Heidegger si può acquisire la necessaria competenza esegetica per accostarsi ai contenuti dei ‘Taccuini’. Chi invece intende continuare a rimanere, per scelta, insabbiato in letture ideologiche e politiche di questi testi, non si cura di acquisire le giuste chiavi interpretative del lessico heideggeriano. I ‘Quaderni neri’, nell’economia generale delle opere di Heidegger non hanno lo stesso peso dei trattati. Vorrei sottolineare che mettere in atto ‘il ritorno alle fonti di Martin Heidegger’ è un lavoro faticoso, fondato su indagini accurate, da specialisti. Al contrario, Convegni dedicati esclusivamente ai ‘Taccuini’ avrebbero potuto generare facili seduzioni in tanti improvvisati ‘cursori’ del filosofo tedesco che, per un momento, avrebbero potuto illudersi di capire Heidegger attraverso letture decisamente superficiali.
• Quale pericolo si nasconde allora nella filosofia di Martin Heidegger, viste le continue polemiche che la sua opera ha prodotto negli ultimi decenni? Il caso Heidegger ha nell’antisemitismo la sua vera ragione?
– A mio avviso la vera ragione che, in diverse epoche storiche, ha fatto esplodere il caso Heidegger e che continua a riproporlo con le stesse modalità, non è l’antisemitismo. Già in vita il filosofo subì una serie di incomprensioni e fu giudicato pregiudizialmente, soprattutto nell’ambito accademico. È proprio il mondo accademico che può essere, a mio giudizio, il nodo cruciale che lega tra loro le polemiche giunte fino ai nostri giorni. Dico di più. Da sempre i detrattori del pensatore si sono impegnati nel cercare un cavillo che potesse distruggere il grandioso edificio del pensiero che egli stava costruendo.
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Emmanuel Faye |
• Non solo in vita, dunque, ma anche dopo la sua morte. A partire da Farias e Faye in Francia, per giungere alle polemiche del 2014, dovute al curatore tedesco dei ‘Taccuini’. Nulla di nuovo sotto il sole. Ciò che è accaduto ultimamente assomiglia ad una sorta di gara che ha avuto per protagonisti i critici di Heidegger, nella quale il vincitore mira a dire pubblicamente: «Ho la prova che vi è qualcosa nel costrutto del pensiero heideggeriano che rimanda a Hitler, al nazismo, all’antisemitismo ecc.». Il vero motivo che ci può aiutare a capire cosa faccia esplodere periodicamente ‘il caso Heidegger’, va ricercato, quindi, nell’ambiente accademico. Heidegger, infatti, ci induce a discutere e a riscoprire il senso profondo della filosofia. Un problema attualissimo oggi, visto il dominio degli analitici, della scienza e della tecnica. Basta, del resto, osservare a quale stato di degrado sia stato ridotto il sistema universitario, per accorgersi che il pensiero di Heidegger, e dunque la sua idea di Università, potrebbero avere un impatto di grande rilievo nell’indicare i cambiamenti essenziali da perseguire in questo ambito al fine di ridare dignità al sapere. Il problema dell’antisemitismo è solo la punta di un iceberg, il problema più grande sono il senso della filosofia, la rifondazione dell’università, oggi più che mai urgente. Ecco perché Heidegger è scomodo.
•Conclusivamente, quale l’eredità più significativa del pensiero di Heidegger?
– La domanda: Che ne è dell’essere?