(B./status: v.1.2-2.6.15)
APPENDICE
1°) Pag. 16-17: ARISTOTELE = Politica, libro IV, cap. I, 5.
La parola «costituzione» ha spesso questo significato nei filosofi greci. Secondo ARISTOTELE lo Stato (πολιτεία) è un ordinamento (τάξις) della convivenza naturale degli uomini di una città (πόλις) o di un territorio. L’ordinamento concerne il potere nello Stato e la sua articolazione; in forza di esso esiste un sovrano (κύριος) ma ad esso spetta anche il fine (τέλος) vivente di questo ordinamento, contenuto nella peculiarità della forma politica concreta (Politica, libro IV, cap. I, 5). Se questa costituzione è rimossa, allora cessa lo Stato; se è posta una nuova costituzione, allora sorge il nuovo Stato.
È qui riportato per intero il Primo Capitolo del Libro IV della Politica di Aristotele nell’edizione italiana a cura di Carlo Augusto Viano: ARISTOTELE, Politica e costituzione di Atene, UTET, Torino 1955, pp. 173-165.
l. [1] Tutte le arti e scienze che non sono particolari, ma trattano in modo esauriente un unico genere, devono considerare ciascuna ciò che rientra nel proprio genere: per esempio quale esercizio si adatti ad un certo tipo di corpo, quale sia per esso il migliore esercizio (ché a chi da natura è dotato nel modo migliore e dispone delle migliori risorse necessariamente si adatta il migliore) e quale sia in genere l’esercizio che si adatta ai più nella loro totalità (ché anche questo è di competenza dell’arte ginnica). [2] E se anche non si desiderasse acquistare l’abilità negli esercizi o le nozioni che li riguardano, ciò non di meno sarebbe sempre còmpito dell’istruttore di ginnastica l’insegnarne l’esecuzione. [3] Ciò avviene anche nella medicina, nell’arte di costruire navi, nel confezionamento degli abiti ed in ogni altra tecnica. [4] Perciò è chiaro che c’è una scienza cui spetta di cercare quale sia la migliore costituzione, quale, più di ogni altra, sia adatta a soddisfare i nostri ideali, quando non vi fossero impedimenti esterni, e quale si adatti alle diverse condizioni in cui può essere messa in pratica: infatti, poiché è quasi impossibile che molti possano attuare la migliore, il buon legislatore ed il buon uomo politico devono sapere quale sia la migliore in senso assoluto e quale sia la migliore entro certe condizioni date. [5] Un terzo ramo della ricerca è lo studio di una costituzione data di cui bisogna saper determinare come sia sorta ed in che modo, una volta che sia sorta, possa essere conservata per il maggior tempo possibile; questo caso si dà quando in una città non vige la costituzione migliore per la quale mancano le condizioni necessarie, ma neppure la migliore che sarebbe possibile compatibilmente con le condizioni date, sibbene una assolutamente deteriore (1). [6] Ma, oltre a tutto ciò, bisogna conoscere quella che si adatta a tutte le città, perché la maggior parte degli scrittori di argomenti politici, se anche hanno detto alcune cose intelligenti, hanno trascurato ciò che poteva riuscire praticamente utile. [6] Infatti non bisogna solo cercare la costituzione assolutamente migliore, ma anche quella che può essere realizzata e, di sèguito, la più facile da realizzarsi e la più comune. [7] Ora invece gli uni cercano soltanto la più eccelsa che ha bisogno dei servizi più complessi, altri, mettendosi in cerca della più comune, prescindono da quelle attualmente in vigore e si dànno a lodare quella spartana o qualche altra. [8] Bisogna proporre un ordine che possa facilmente instaurarsi sulle condizioni preesistenti ed incorporarsi con esse, perché non è certo còmpito minore correggere una costituzione preesistente che fondame una nuova, come mutare di opinione dopo aver imparato per la prima volta. [9] Perciò l’uomo politico deve sapere prendere efficaci provvedimenti nelle costituzioni esistenti, come è già stato detto. [10] Ma questo è impossibile se non si conoscono quante siano le specie di costituzioni. [11] Ora, alcuni credono che ci sia una sola democrazia ed una sola oligarchia, ma ciò non è vero. [12] Perciò non bisogna ignorare le diversità che intercorrono tra le costituzioni, quante esse siano e in quanti modi possano comporsi.
[13] Procedendo a questo modo bisogna cercare quali siano le leggi migliori e quali quelle che si adattano ad ogni tipo di costituzione: infatti bisogna adattare quelle a questa (e tutte vi si adattano) e non questa a quelle. [14] La costituzione, da parte sua, è un ordine imposto alle città concernente il modo di distribuzione delle magistrature, il governo della cittadinanza ed il fine della comunità nel suo complesso e di ciascuno dei suoi membri. [15] Le leggi, in quanto distinte dalle norme fondamentali della costituzione, hanno il còmpito di prescrivere le regole secondo cui i magistrati devono governare e punire i trasgressori. [16] D’onde chiaramente consegue che bisogna conoscere le varietà di ciascuna costituzione ed il loro numero per compiere un’opportuna opera legislativa: infatti non è possibile che le medesime leggi siano adatte a tutte le oligarchie o a tutte le democrazie, se queste possono essere di tipi diversi.
1) Nota di Viano: «La fine del lib. III ha trattato le costituzioni migliori fondate sul predominio degli uomini o dell’uomo dotati di virtù. Ma ora il campo di studio della scienza politica si è allargato giungendo a comprendere anche le costituzioni non perfette, studiate nelle possibilità concrete che offrono in relazione con la situazione in cui sorgono».
2°) Pag. 17: ISOCRATE = Aeropagitico, XIV.
Testo italiano:
[11] Ed è logico che agendo così ci accada questo, poiché nulla può riuscire come si deve a persone che non hanno preso sane deliberazioni sull’amministrazione complessiva dello Stato, ma che, anche se hanno successo in alcune imprese o per fortuna o per merito di un singolo, poco dopo si ritrovano nelle medesime difficoltà. È ciò che si può riconoscere dagli avvenimenti della nostra storia. [12] Quando l’Ellade intera era caduta sotto il dominio della nostra città dopo la vittoria navale di Conone e la campagna militare di Timoteo, non fummo capaci di conservare neanche per un momento i frutti della buona fortuna, ma subito li sprecammo e annullamo, perché una costituzione che possa trattare ragionevolmente i nostri affari non ce l’abbiamo né ci sforziamo di cercarla. [13] Eppure tutti sappiamo che i successi arridono e restano non a coloro che sono circondati dalle mura più belle e più grandi né a coloro che sono riuniti nello stesso luogo con moltissimi altri, ma a coloro che governano la loro città nel modo migliore e più saggio. [14] L’anima della città non è altro che la costituzione (17), la quale ha tanto potere quanto appunto nel corpo la mente. È essa che delibera su tutti i problemi, che conserva i successi ed evita i disastri. Su essa devono modellarsi le leggi, gli uomini politici e i privati cittadini, e necessariamente ciascuno sta bene o male a seconda della costituzione che ha.
Nota 17 di Mario Marzi: «La stessa espressione ritornerà nel Panat., 38. Un concetto affine è espresso da Plat., Meness., 238c, Arist., Polit., IV, 9, 3 1295b e Dem., XXIV, 210.
3°) Pag. 17 = Georg JELLINEK (1851-1911), Allgemeine Staatslehre, p. 491.
Sono state consultate le edizioni del 1914, del 1921 e del 1929 della Allgemeine Staatslehre, facendo uso di motori di ricerca, ma non è stato trovato l’esatto riscontro né a pag. 491 né altrove. Con riserva di ulteriori ricerche pubblichiamo qui accanto l’immagine della pag. 491 dell’edizione del 1921 della Allgemeine Staatslehre, terza edizione a cura di Walter Jellinek, figlio di Georg e autore di alcune recensione a libri di Schmitt. Il figlio Walter ha curato tutte le edizioni della Allgemeine Staatslehre seguite alla morte del padre. Si tratta per lo di ristampe identiche di edizioni esaurite, confrontate con le carte lasciate dal padre. Una edizione, del 1914, leggibile online la si trova nel sito Internet Archiv, alla voce "Allgemeine Staatslehre”. La citazione di Schmitt è del resto testuale e puntuale. Sono grato a chiunque mi aiutasse a risolvere l’enigma ed a ritrovare l’esatto luogo della citazione. In effetti, la citazione qui fatta da Schmitt non è tecnicamente perfetta. Si cita la pagina, ma non l’edizione completa di anno e luogo. Ciò a distanza di tempo e latitudine produce difficoltà nel Lettore che voglia reperire la fonte o il passo citato.
4°) Pag. 18 = Tommaso d’Aquino (1225-1274), I, II, 19, 10 c.
5°) Pag. 18 = Jean BODIN (1529-1596), Lex six livres de la République, I ed. 1577, l. VI.
6°) Pag. 18 = Ugo GROZIO (1583-1645), De iure belli ac pacis.
7°) Pag. 18 = Thomas HOBBES (1582-1679), De Cive, 1642, cap. 10.
8°) Pag. 18 = Walter JELLINEK (1885-1955), Revolution und Reichsverfassung, in Jahrb. des öffentl. Rechts, IX, 1922, p. 22.
9°) Pag. 19 = Tommaso d’AQUINO (1225-1274),
10°) Pag. 19 = Lorenz von STEIN (1815-1890),
11°) Pag. 19-20 = Ferdinand LASSALLE (1825-1864),
12°) Pag. 20 = Lorenz von STEIN (1815-1890),
13°) Pag. 20 = G. W. F. HEGEL (1770-1831),
14°) Pag. 20 = Robert von MOHL (1799-1875),
15°) Pag. 20 = Rudolf GNEIST (1816-1895),
16°) Pag. 20 = Albert HAENEL (1833-1918),
17°) Pag. 20 = Paul LABAND (1838-1918),
18°) Pag. 20 = Rudolf SMEND (1882-1975),
19°) Pag. 21 = Joseph BARTHÉLEMY (1874-1945),
20°) Pag. 21 = François GUIZOT (1787-1874),
21°) Pag. 22 = Alexis TOCQUEVILLE (1805-1859),
22°) Pag. 22-23 = Hans KELSEN (1881-1973),
[13] Procedendo a questo modo bisogna cercare quali siano le leggi migliori e quali quelle che si adattano ad ogni tipo di costituzione: infatti bisogna adattare quelle a questa (e tutte vi si adattano) e non questa a quelle. [14] La costituzione, da parte sua, è un ordine imposto alle città concernente il modo di distribuzione delle magistrature, il governo della cittadinanza ed il fine della comunità nel suo complesso e di ciascuno dei suoi membri. [15] Le leggi, in quanto distinte dalle norme fondamentali della costituzione, hanno il còmpito di prescrivere le regole secondo cui i magistrati devono governare e punire i trasgressori. [16] D’onde chiaramente consegue che bisogna conoscere le varietà di ciascuna costituzione ed il loro numero per compiere un’opportuna opera legislativa: infatti non è possibile che le medesime leggi siano adatte a tutte le oligarchie o a tutte le democrazie, se queste possono essere di tipi diversi.
1) Nota di Viano: «La fine del lib. III ha trattato le costituzioni migliori fondate sul predominio degli uomini o dell’uomo dotati di virtù. Ma ora il campo di studio della scienza politica si è allargato giungendo a comprendere anche le costituzioni non perfette, studiate nelle possibilità concrete che offrono in relazione con la situazione in cui sorgono».
2°) Pag. 17: ISOCRATE = Aeropagitico, XIV.
ISOCRATE (Areopag. 14) chiama la costituzione anima della polis (ψύχη η‘ πολιτέα).È qui riportato in più ampio contesto il citato passo XIV dell’Aeropagitico di Isocrate nell’edizione italiana delle Opere con testo greco a fronte a cura di Mario Marzi UTET, Volume primo, Torino 1991, pp. 361 ss.
Isocrate (436-338 a.C.) |
[11] Ed è logico che agendo così ci accada questo, poiché nulla può riuscire come si deve a persone che non hanno preso sane deliberazioni sull’amministrazione complessiva dello Stato, ma che, anche se hanno successo in alcune imprese o per fortuna o per merito di un singolo, poco dopo si ritrovano nelle medesime difficoltà. È ciò che si può riconoscere dagli avvenimenti della nostra storia. [12] Quando l’Ellade intera era caduta sotto il dominio della nostra città dopo la vittoria navale di Conone e la campagna militare di Timoteo, non fummo capaci di conservare neanche per un momento i frutti della buona fortuna, ma subito li sprecammo e annullamo, perché una costituzione che possa trattare ragionevolmente i nostri affari non ce l’abbiamo né ci sforziamo di cercarla. [13] Eppure tutti sappiamo che i successi arridono e restano non a coloro che sono circondati dalle mura più belle e più grandi né a coloro che sono riuniti nello stesso luogo con moltissimi altri, ma a coloro che governano la loro città nel modo migliore e più saggio. [14] L’anima della città non è altro che la costituzione (17), la quale ha tanto potere quanto appunto nel corpo la mente. È essa che delibera su tutti i problemi, che conserva i successi ed evita i disastri. Su essa devono modellarsi le leggi, gli uomini politici e i privati cittadini, e necessariamente ciascuno sta bene o male a seconda della costituzione che ha.
Nota 17 di Mario Marzi: «La stessa espressione ritornerà nel Panat., 38. Un concetto affine è espresso da Plat., Meness., 238c, Arist., Polit., IV, 9, 3 1295b e Dem., XXIV, 210.
3°) Pag. 17 = Georg JELLINEK (1851-1911), Allgemeine Staatslehre, p. 491.
Quando Georg JELLlNEK, Allgemeine Staatslehre, p. 491 pone la costituzione come «un ordinamento, conforme al quale si forma volontà statale», egli scambia un ordinamento effettivamente esistente con una norma, conforme alla quale qualcosa funziona esattamente e legalmente. Tutte le raffigurazioni che qui vengono in considerazione, unità, ordine, scopo (τέλος), vita, anima devono indicare qualcosa di esistente, non qualcosa di normativo, o più esattamente di dovuto.
Edizione 1921 |
4°) Pag. 18 = Tommaso d’Aquino (1225-1274), I, II, 19, 10 c.
In questo senso la parola «status» (accanto ad altre numerose accezioni, per esempio condizione in generale, ceto, e così via) è usata soprattutto nel medioevo e nel XVII sec. Tommaso d’AQUINO nella sua Summa Theologica (I, II, 19, 10 c) distingue come forme di Stato (status), ricollegandosi ad Aristotele: 1) lo Stato aristocratico (status optimatum), nel quale governa una minoranza che in qualche modo eccelle ed emerge (in quo pauci virtuosi principantur); 2) l’oligarchia (status paucorum), cioè il dominio della minoranza senza riguardo ad una speciale qualità eccellente; 3) la democrazia (lo status popularis), in cui domina la maggioranza dei contadini, degli artigiani e dei lavoratori.Brano non rintracciato.
5°) Pag. 18 = Jean BODIN (1529-1596), Lex six livres de la République, I ed. 1577, l. VI.
BODIN (Les six livres de la République, I ed. 1577, specialmente nel libro VI) distingue secondo forme di Stato simili lo Stato popolare (état populaire), lo Stato monarchico (état royal) e lo Stato aristocratico.È disponibile in rete su Internet Archive esattamente l’edizione citata da carl Schmitt, quella del 1577. Il Livre Sixieme, si trova da 605 in poi.
6°) Pag. 18 = Ugo GROZIO (1583-1645), De iure belli ac pacis.
In GROZIO (De iure belli ac pacis, 1625) lo status è per quanto qui interessa la «forma civitatis» e perciò anche la costituzione.Passo da ritrovare.
7°) Pag. 18 = Thomas HOBBES (1582-1679), De Cive, 1642, cap. 10.
In modo analogo HOBBES (per es. De cive, 1642, cap. 10) parla di status monarchicus, status democraticus, status mixtus, ccc.Passo da ritrovare.
8°) Pag. 18 = Walter JELLINEK (1885-1955), Revolution und Reichsverfassung, in Jahrb. des öffentl. Rechts, IX, 1922, p. 22.
Con una rivoluzione che ha pieno successo è perciò senz’altro dato un nuovo Stato ed eo ipso una nuova costituzione. Così in Germania dopo il rivolgimento del novembre 1918 il Consiglio dei rappresentanti del popolo poteva parlare in un comunicato del 9 dicembre 1918 della «costituzione data dalla rivoluzione» (W. JELLINEK, Revolution und Reichsverfassung, in Jahrb. des öffentl. Rechts, IX, 1920, p. 22).Passo da ritrovare. Una citazione più completa è la seguente: Walter JELLINEK, Revolution und Reichsverfassung. Bericht über die Zeit vom 9. November 1918 bis zum 31. Dezember 1919, Jahrbuch des öffentliches Rechts, Bd. IX, 1920, p. 22, con ricca letteratura.
9°) Pag. 19 = Tommaso d’AQUINO (1225-1274),
Lorenz von STEIN ha esposto questo concetto di costituzione in un grande contesto sistematico. Invero, egli parla soltanto delle costituzioni francesi a partire dal 1789, ma tocca anche un principio dualistico generale della dottrina costituzionale, che è chiaramente riconosciuto specialmente in Tommaso d’AQUINO (Summa Theol., I, II, 105, art. 1), mettendo in evidenza due cose (duo sunt attendenda): una volta la partecipazione di tutti i cittadini alla formazione della volontà statale (ut omnes aliquam partem habeant in principatu), ed una seconda volta la specie del governo e del potere (species regiminis vel ordinationis principatuum).Passo da ritrovare.
10°) Pag. 19 = Lorenz von STEIN (1815-1890),
Per Stein le prime costituzioni della rivoluzione del 1789 (cioè le costituzioni del 1791, 1973, 1795) sono in senso proprio costituzioni statuali in contrapposizione agli ordinamenti statali, che incominciano con Napoleone (1799). La differenza consiste in quanto segue: la costituzione statuale è quell’ordinamento che produce l’accordo della volontà singola con la volontà generale dello Stato e riunisce i singoli come membri viventi dell’organismo statale. Tutte le istituzioni e i fenomeni costituzionali significano che lo Stato «si riconosce come l’unità personale della volontà di tutte le personalità libere, determinate all’autocontrollo. L’ordinamento statale invece considera i singoli e le autorità già come membri dello Stato ed esige da essi obbedienza. Nella costituzione statuale la vita statale sale dal basso verso l’alto; nell’ordinamento statale essa agisce dall’alto verso il basso. La costituzione statuale è libera formazione della volontà statale; l’ordine statale è l’esecuzione organica della volontà così formata (Geschichte der sozialen Bewegung in Frankreich, Bd. I, Der Begriff der Gesellschaft, ed. a cura di G. SALOMON, München 1921, voI. I, p. 408-9; inoltre, Verwaltungslehre, I, p. 25).Passi da ritrovare.
11°) Pag. 19-20 = Ferdinand LASSALLE (1825-1864),
L’idea che la costituzione è il principio fondamentale effettivo dell’unità politica, ha trovato una espressione pregnante nella famosa conferenza di F. LASSALLE, Über Verfassungswesen (1862): «Se dunque la costituzione forma la legge fondamentale di un Land, essa è ... una forza attiva». Lassalle trova questa forza attiva e l’essenza della costituzione nei rapporti effettivi di potere.Passo da ritrovare.
12°) Pag. 20 = Lorenz von STEIN (1815-1890),
Per il pensiero teoretico costituzionale del XIX sec. tedesco Lorenz VON STEIN è stato il punto di partenza (ed al tempo stesso la mediazione, in cui si manteneva attuale la filosofia dello Stato di Hegel). In Robert MOHL, nella dottrina dello Stato di diritto di Rudolf GNEIST, in Albert HAENEL, soprattutto, sono riconoscibili le idee di Stein. Ciò finisce quando termina il pensiero teoretico costituzionale, cioè con il dominio dei metodi di LABAND, che si limitano ad esercitare l’arte dell’interpretazione letterale al testo delle disposizioni legislative costituzionali; ciò si chiamava «positivismo».Passo da ritrovare.
13°) Pag. 20 = G. W. F. HEGEL (1770-1831),
Per il pensiero teoretico costituzionale del XIX sec. tedesco Lorenz VON STEIN è stato il punto di partenza (ed al tempo stesso la mediazione, in cui si manteneva attuale la filosofia dello Stato di Hegel). In Robert MOHL, nella dottrina dello Stato di diritto di Rudolf GNEIST, in Albert HAENEL, soprattutto, sono riconoscibili le idee di Stein. Ciò finisce quando termina il pensiero teoretico costituzionale, cioè con il dominio dei metodi di LABAND, che si limitano ad esercitare l’arte dell’interpretazione letterale al testo delle disposizioni legislative costituzionali; ciò si chiamava «positivismo».Passo da ritrovare.
14°) Pag. 20 = Robert von MOHL (1799-1875),
Per il pensiero teoretico costituzionale del XIX sec. tedesco Lorenz VON STEIN è stato il punto di partenza (ed al tempo stesso la mediazione, in cui si manteneva attuale la filosofia dello Stato di Hegel). In Robert MOHL, nella dottrina dello Stato di diritto di Rudolf GNEIST, in Albert HAENEL, soprattutto, sono riconoscibili le idee di Stein. Ciò finisce quando termina il pensiero teoretico costituzionale, cioè con il dominio dei metodi di LABAND, che si limitano ad esercitare l’arte dell’interpretazione letterale al testo delle disposizioni legislative costituzionali; ciò si chiamava «positivismo».Passo da ritrovare.
15°) Pag. 20 = Rudolf GNEIST (1816-1895),
Per il pensiero teoretico costituzionale del XIX sec. tedesco Lorenz VON STEIN è stato il punto di partenza (ed al tempo stesso la mediazione, in cui si manteneva attuale la filosofia dello Stato di Hegel). In Robert MOHL, nella dottrina dello Stato di diritto di Rudolf GNEIST, in Albert HAENEL, soprattutto, sono riconoscibili le idee di Stein. Ciò finisce quando termina il pensiero teoretico costituzionale, cioè con il dominio dei metodi di LABAND, che si limitano ad esercitare l’arte dell’interpretazione letterale al testo delle disposizioni legislative costituzionali; ciò si chiamava «positivismo».Passo da ritrovare.
16°) Pag. 20 = Albert HAENEL (1833-1918),
Per il pensiero teoretico costituzionale del XIX sec. tedesco Lorenz VON STEIN è stato il punto di partenza (ed al tempo stesso la mediazione, in cui si manteneva attuale la filosofia dello Stato di Hegel). In Robert MOHL, nella dottrina dello Stato di diritto di Rudolf GNEIST, in Albert HAENEL, soprattutto, sono riconoscibili le idee di Stein. Ciò finisce quando termina il pensiero teoretico costituzionale, cioè con il dominio dei metodi di LABAND, che si limitano ad esercitare l’arte dell’interpretazione letterale al testo delle disposizioni legislative costituzionali; ciò si chiamava «positivismo».Passo da ritrovare.
17°) Pag. 20 = Paul LABAND (1838-1918),
Per il pensiero teoretico costituzionale del XIX sec. tedesco Lorenz VON STEIN è stato il punto di partenza (ed al tempo stesso la mediazione, in cui si manteneva attuale la filosofia dello Stato di Hegel). In Robert MOHL, nella dottrina dello Stato di diritto di Rudolf GNEIST, in Albert HAENEL, soprattutto, sono riconoscibili le idee di Stein. Ciò finisce quando termina il pensiero teoretico costituzionale, cioè con il dominio dei metodi di LABAND, che si limitano ad esercitare l’arte dell’interpretazione letterale al testo delle disposizioni legislative costituzionali; ciò si chiamava «positivismo».Passo da ritrovare.
18°) Pag. 20 = Rudolf SMEND (1882-1975),
Per primo Rudolf SMEND, nel suo Saggio «Il potere politico nello Stato costituzionale e il problema della forma di Stato» (Festgabe für W. Kahl, Tübingen 1923), ha posto di nuovo in tutta la sua estensione il problema teoretico della costituzione. Alle idee di questo Saggio in seguito si dovrà ritornare ancora assai spesso. Così come esse si presentano finora – purtroppo soltanto in uno schizzo –, mi sembra che la dottrina della «integrazione» dell’unità statale contenga un’immediata continuazione delle teorie di Lorenz von Stein.Passo da ritrovare.
19°) Pag. 21 = Joseph BARTHÉLEMY (1874-1945),
Così parla della sovranità della costituzione un tipico «dottrinario» del periodo della restaurazione e di Luigi Filippo, Royer-Collard (rinvii in J. BARTHÉLEMY, Introduction du régime parlementaire en France, 1904, p. 20 ss.);Passo da ritrovare.
20°) Pag. 21 = François GUIZOT (1787-1874),
GUIZOT, un classico rappresentante dello Stato di diritto liberale, parla della «sovranità della ragione», della giustizia e di altre astrazioni, nel giusto riconoscimento che una norma può chiamarsi «sovrana» solo finché non è un comando ed una volontà positiva, ma il razionalmente giusto, la ragione e la giustizia, cioè ha determinate qualità; giacché, diversamente è veramente sovrano quegli che vuole e comanda.Passo da ritrovare.
21°) Pag. 22 = Alexis TOCQUEVILLE (1805-1859),
TOCQUEVILLE con riferimento alla costituzione francese del 1830 ha sostenuto in modo conseguente l’immodificabilità della costituzione ed ha posto in rilievo che il complesso dei poteri del popolo, del re, come pure del parlamento è derivato da questa costituzione e che fuori della costituzione tutte queste entità politiche non sono niente («hors de la Constitution il ne sont rien», nota 12 al voI. I, cap. 6 della «Démocratie en Amérique»).Passo da ritrovare.
22°) Pag. 22-23 = Hans KELSEN (1881-1973),
La dottrina dello Stato di H. KELSEN, ripetuta in molti libri (Hauptprobleme der Staatsrechtslehre, entwickelt aus der Lehre vom Rechtssatz, II ed., 1923; Das Problem der Souveränität und die Theorie des Völkerrechts, 1920; Der soziologische und der juristische Staatsbegriff, 1922; Allgemeine Staatslehre, 1925), rappresenta pure lo Stato come un sistema e un’unità di norme giuridiche, a dire il vero senza il minimo tentativo di spiegare il principio logico e oggettivo di questa «unità» e di questo «sistema», e senza chiarire come accade e secondo quale necessità si verifica che le numerose disposizioni legislative positive di uno Stato e le diverse norme legislative costituzionali formino un simile «sistema» o una «unità». L’essere o il divenire politico dell’ordine dell’unità statale è trasformato in un funzionare, la contrapposizione di essere e dovere è continuamente confusa con la contrapposizione di essere sostanziale e funzionamento conforme alla legge. La teoria diventa però comprensibile, se la si vede come l’ultima diramazione della teoria pura, prima illustrata, dello Stato di diritto borghese, che cercava di fare dello Stato un ordinamento giuridico e scorgeva in ciò l’essenza dello Stato di diritto. Nella sua grande epoca, nel XVII e XVIII secolo, la borghesia trovò la forza per un vero sistema, cioè per il diritto naturale e razionale individualistico, e formò con concetti come proprietà e libertà personale norme valide in se stesse, che hanno vigenza davanti e al di sopra di ogni essere politico, perché sono giuste e razionali e perciò senza riguardo alla realtà esistente, cioè giuridico-positiva, contengono un autentico dovere. Ciò era normatività conseguente; qui si poteva parlare di sistema, ordinamento e unità. In Kelsen, invece, hanno vigenza soltanto norme positive, cioè quelle norme che hanno effettiva vigenza; esse vigono non perché debbono vigere per la loro maggiore giustezza, ma senza riguardo a qualità come razionalità, giustizia, ecc., solo perché sono positive. Qui cessa improvvisamente il dovere e cade la normatività; al suo posto appare la tautologia di una cruda effettività: qualcosa vige, se vige e perché vige. Questo è « positivismo». Chi insiste seriamente sul fatto che «la» costituzione deve valere come norma fondamentale e da qui deve derivarsi quanto altro v’é di vigente, non può prendere come fondamento di un puro sistema di pure norme qualsivogliano concrete disposizioni perché sono poste da una determinata autorità, sono riconosciute e perciò sono indicate come «positive», cioè sono solo fattualmente efficaci. Solo da principi sistematici, normativamente conseguenti senza riguardo alla vigenza «positiva», cioè giusti in se stessi, in forza della loro razionalità o giustezza, si può far derivare una unità o un ordinamento normativo.Passo da ritrovare.
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