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Parte Prima
La “neolingua”, di cui ci hanno avvertiti i romanzieri distopici Orwell, Huxley ed altri, è ormai diventata una prassi abituale dei nostri media, i quali rispetto ad esempio a questo blog hanno un vantaggio quantitativo: sparano le loro parole d’ordine, le loro “menzogne sistemiche e programmate” (inutile arrabbiarsi o indignarsi: peggio ancora, si fa il loro gioco) per migliaia o milioni di copie al giorno, che poi diventano “mainstream”, ripreso da altri come fonte autorevole. Le più grossolane menzogne vengono citate e ripetute perché apparse e lette sul tal Quotidiano, e poco serve addurre controargomenti suffragati su documenti inoppugnabili. Per un discorso più ampio sulla «Fabbrica della manipolazione», su «come i poteri forti plasmano le nostre menti per rederci sudditi del Nuovo Ordine Mondiale», rinviamo però a un interessante testo (vedi immagine) che stiamo leggendo in questi giorni e che non avrà certo l’attenzione dei grandi canali di comunicazione, impegnati appunto a produrre “manipolazione delle menti”. Ritorniamo invece al nostro discorso, volto a smascherare una operazione di regime, di un regime che va scricchiolando per i disastri sempre più evidenti a cui ci ha condotto l’Impero venuto dopo il 1945. Sul fatto che il «nazismo» sia stato il «male assoluto» non è cosa di cui vogliamo ora discutere. Neppure vogliamo chiederci in cosa consisterebbe un siffatto “male”: non se ne può neppure parlare, pena fino a dodici anni di duro carcere. Nella sola Germania, dal 1994 ad oggi, sono ormai più di 200.000 i procedimenti penali per “reati di opinione”: guai a chi si azzarda a uscire fuori dai sentieri della “neolingua”! È così successo addirittura a una ministra tedesca della giustizia, subito dimissionata, per essersi permesso di dire che Bush con la “guerra preventiva” all’Iraq non aveva fatto cosa diversa da ciò che fece Hitler, reso responsabile per aver “preventivamente” scatenato la Seconda Guerra Mondiale, che produsse quel Tribunale di Norimberga ‘benemerito’ per aver introdotto nella cultura giuridica la completa equiparazione fra il criminale e il nemico vinto, dichiarato “criminale” appunto perché “vinto”. Le guerre - ormai tramontato il sistema giuridico di Westfalia – non si concludono più con trattati di pace, ma con l’istuituzione di Tribunali dove i vincitori processano i vinti. Per Katyn ne abbiamo visto delle belle, o meglio delle brutte, scoprendosi infine che uno dei Giudici di Norimberga era lui responsabili dei “crimini” attribuiti al “vinto”. Ma anche questi fatti, una volta scoperti e perfino ammessi, non producono nessun sconvolgimento nella “neolingua”: si va avanti lo stesso, come se nulla fosse. Ognuno sa come, per quanto riguarda il fascismo, messo nello stesso mazzo del nazismo, lo stesso ceto intellettuale e dirigente abbia cambiato giacca e distintivo dalla sera alla mattina. Per tutti valga l’ammissione di Norberto Bobbio, intervistato da Buttafuoco: in quegli anni di transizione, io ero antifascista quando mi trovavo in compagnia di antifascisti, e fascista quando mi trovavo in compagnia di fascista. Senza creare categorie teologiche come quella del “male assoluto”, sarebbe normale pensare che nel proprio tempo ogni opzione politica non solo è lecita, ma è anche doverosa se ogni cittadino ha il “dovere” di “partecipare”, di “andare a votare”, non già di astenersi. E dunque Carl Schmitt in quegli anni tragici per la Germania esercitò le sue normali opzioni di cittadino, senza essersi mai macchiati di reati puniti dal codice penale vigente. Anzi, nel suo più compromettente articolo, Der Führer schützt das Recht, ebbe proprio a dire che ciò che usciva fuori dalla “ragion di Stato”, cioè le vendette private che in quella Notte dei Lunghi Coltelli si consumarono, doveva essere punito a rigore di codice penale vigente. Dice Günther Krauss – fedele giovane discepolo di Carl Schmitt – che fu quella probabilmente la causa delle ritorsioni che Carl Schmitt ebbe a subire dalle SS che aveva avuto il coraggio di attaccare.
Ma veniamo a noi. Non possiamo ora riassumere tutti i documenti che abbiamo giù pubblicato nelle riviste “Behemoth” e “De Cive”, anch‘esse fuori dai circuiti della grande comunicazione della “neolingua”. Su un solo punto richiamiamo l’attenzione. Il documento che segue non solo è importante per chiarire la posizione interna al nazismo che Carl Schmitt ebbe ad avere, allo stesso modo in cui molti personaggi sia in Germania sia in Italia sopravvissero alla guerra e continuarono a vivere sotto il nuovo regime, che - come dice Cristo davanti a Pilato nel romanzo di Bulgakov “Il Maestro e Margherita” – non è eterno e sarà prima o poi sostituito da un altro, con gli attori di oggi costretti a vestire nuove casacche. È importante questo documento per un dato di dottrina. Ammessa la natura “völkisch”, cioè etnica, biologica, razziale, della nuova ideologia nazista che l’Ufficio di Rosenberg in concorrenza con altri era indaffarato a costruire, noi troviamo una importante e decisiva “scomunica” del concetto più importante e cardine di tutto il pensiero schmittiano: il concetto del politico, formulato da Schmitt per la prima volta nel 1927 ma presente in tutto l’impianto della «Dottrina della Costituzione», apparsa a stampa nel 1928. La contrapposizione amico-nemico non ha carattere “völkisch”: Rosenberg ha assolutamente ragione. In questo blog stiamo redigendo l’indice analitico proprio del testo testo del “Begriff des Politischen”: ogni studioso che ne abbia tempo e voglia può verificare di persona su un piatto non dico d’argento, ma servito pronto. Può scrivere tanti altri libri con poca fatica e costruirci pure una carriera, presentarsi ai concorsi.
È stupido riproporre la questione dei rapporti di Carl Schmitt con il nazismo. È soltanto una operazione di PNL, ossia di «Programmazione NeuroLinguistica», per la quale si rinvia al citato libro Enrica Perucchietti e Gianluca Marletta, utile sintesi di problematiche che dovrebbero essere note a chiunque voglia premunirsi dai “poteri forti” che comandano la comunicazione del mainstream. È stupido perché ogni studioso serio sa che una simile questione andrebbe contestualizzata nel tempo e nello spazio. È stupido perché nessun specifico e personale addebito penale è ascrivibile a Carl Schmitt né prima né durante né dopo l’arco di tempo (1933-1945) il cui il nazismo è stato al potere. È stupido perché i detrattori di Schmitt sono essi stessi non meno condizionati dal potere e dai padroni ai quali obbediscono e dai quali sono pagati: poco importa se sono felici e liberi nella loro obbedienza. È stupido perché non si vede o si finge di non vedere che il «male assoluto», subito dopo il maggio del 1945, il mese dopo con Hiroshima e Nagasaki, il «male assoluto» è diventato ancora più “assoluto” e cresce di anno in anno fino a portare al rischio della distruzione dell’intero orbe terracqueo. E potremmo continuare a descrivere l’insensatezza di una simile operazione, che però ci è di sprone ad aggiornare e potenziare questo nostro blog, per mettere a disposizione di quanti, – sottraendosi alle regole grammaticali della neolingua – vogliono per davvero pensare, e comprendere – proprio grande a Carl Schmitt – come questa Europa sia una grande truffa, cosa che Schmitt aveva già visto e predetto nel 1928. I “poteri forti” non vogliono che si sappia e per questo danno fiato alle trombe della diffamazione.
L’UFFICIO DI ROSENBERG
Sommario: Parte prima: Antonio Caracciolo. Due parole di introduzione alla faccenda. - Parte seconda: Günter Maschke. L’Ufficio di Rosenberg contro Carl Schmitt. - Parte terza: Il documento, tradotto in italiano con note originali e di commento. - Parte quarta: Il documento originale del testo, annotato e commentato in tedesco. - Sez. a: Prefazione tedesca di Günter Maschke; Sez. b: originale tedesco del documento Rosenberg. - Parte quinta: articoli delle “Deutsche Briefe”. – || I testi vengono qui pubblicati dapprima in un unico file e poi in singoli post, per una più agevole o distinta lettura, corredata anche da iconografia. - Bottom.
Parte Prima
Due parole di introduzione alla faccenda
La “neolingua”, di cui ci hanno avvertiti i romanzieri distopici Orwell, Huxley ed altri, è ormai diventata una prassi abituale dei nostri media, i quali rispetto ad esempio a questo blog hanno un vantaggio quantitativo: sparano le loro parole d’ordine, le loro “menzogne sistemiche e programmate” (inutile arrabbiarsi o indignarsi: peggio ancora, si fa il loro gioco) per migliaia o milioni di copie al giorno, che poi diventano “mainstream”, ripreso da altri come fonte autorevole. Le più grossolane menzogne vengono citate e ripetute perché apparse e lette sul tal Quotidiano, e poco serve addurre controargomenti suffragati su documenti inoppugnabili. Per un discorso più ampio sulla «Fabbrica della manipolazione», su «come i poteri forti plasmano le nostre menti per rederci sudditi del Nuovo Ordine Mondiale», rinviamo però a un interessante testo (vedi immagine) che stiamo leggendo in questi giorni e che non avrà certo l’attenzione dei grandi canali di comunicazione, impegnati appunto a produrre “manipolazione delle menti”. Ritorniamo invece al nostro discorso, volto a smascherare una operazione di regime, di un regime che va scricchiolando per i disastri sempre più evidenti a cui ci ha condotto l’Impero venuto dopo il 1945. Sul fatto che il «nazismo» sia stato il «male assoluto» non è cosa di cui vogliamo ora discutere. Neppure vogliamo chiederci in cosa consisterebbe un siffatto “male”: non se ne può neppure parlare, pena fino a dodici anni di duro carcere. Nella sola Germania, dal 1994 ad oggi, sono ormai più di 200.000 i procedimenti penali per “reati di opinione”: guai a chi si azzarda a uscire fuori dai sentieri della “neolingua”! È così successo addirittura a una ministra tedesca della giustizia, subito dimissionata, per essersi permesso di dire che Bush con la “guerra preventiva” all’Iraq non aveva fatto cosa diversa da ciò che fece Hitler, reso responsabile per aver “preventivamente” scatenato la Seconda Guerra Mondiale, che produsse quel Tribunale di Norimberga ‘benemerito’ per aver introdotto nella cultura giuridica la completa equiparazione fra il criminale e il nemico vinto, dichiarato “criminale” appunto perché “vinto”. Le guerre - ormai tramontato il sistema giuridico di Westfalia – non si concludono più con trattati di pace, ma con l’istuituzione di Tribunali dove i vincitori processano i vinti. Per Katyn ne abbiamo visto delle belle, o meglio delle brutte, scoprendosi infine che uno dei Giudici di Norimberga era lui responsabili dei “crimini” attribuiti al “vinto”. Ma anche questi fatti, una volta scoperti e perfino ammessi, non producono nessun sconvolgimento nella “neolingua”: si va avanti lo stesso, come se nulla fosse. Ognuno sa come, per quanto riguarda il fascismo, messo nello stesso mazzo del nazismo, lo stesso ceto intellettuale e dirigente abbia cambiato giacca e distintivo dalla sera alla mattina. Per tutti valga l’ammissione di Norberto Bobbio, intervistato da Buttafuoco: in quegli anni di transizione, io ero antifascista quando mi trovavo in compagnia di antifascisti, e fascista quando mi trovavo in compagnia di fascista. Senza creare categorie teologiche come quella del “male assoluto”, sarebbe normale pensare che nel proprio tempo ogni opzione politica non solo è lecita, ma è anche doverosa se ogni cittadino ha il “dovere” di “partecipare”, di “andare a votare”, non già di astenersi. E dunque Carl Schmitt in quegli anni tragici per la Germania esercitò le sue normali opzioni di cittadino, senza essersi mai macchiati di reati puniti dal codice penale vigente. Anzi, nel suo più compromettente articolo, Der Führer schützt das Recht, ebbe proprio a dire che ciò che usciva fuori dalla “ragion di Stato”, cioè le vendette private che in quella Notte dei Lunghi Coltelli si consumarono, doveva essere punito a rigore di codice penale vigente. Dice Günther Krauss – fedele giovane discepolo di Carl Schmitt – che fu quella probabilmente la causa delle ritorsioni che Carl Schmitt ebbe a subire dalle SS che aveva avuto il coraggio di attaccare.
Ma veniamo a noi. Non possiamo ora riassumere tutti i documenti che abbiamo giù pubblicato nelle riviste “Behemoth” e “De Cive”, anch‘esse fuori dai circuiti della grande comunicazione della “neolingua”. Su un solo punto richiamiamo l’attenzione. Il documento che segue non solo è importante per chiarire la posizione interna al nazismo che Carl Schmitt ebbe ad avere, allo stesso modo in cui molti personaggi sia in Germania sia in Italia sopravvissero alla guerra e continuarono a vivere sotto il nuovo regime, che - come dice Cristo davanti a Pilato nel romanzo di Bulgakov “Il Maestro e Margherita” – non è eterno e sarà prima o poi sostituito da un altro, con gli attori di oggi costretti a vestire nuove casacche. È importante questo documento per un dato di dottrina. Ammessa la natura “völkisch”, cioè etnica, biologica, razziale, della nuova ideologia nazista che l’Ufficio di Rosenberg in concorrenza con altri era indaffarato a costruire, noi troviamo una importante e decisiva “scomunica” del concetto più importante e cardine di tutto il pensiero schmittiano: il concetto del politico, formulato da Schmitt per la prima volta nel 1927 ma presente in tutto l’impianto della «Dottrina della Costituzione», apparsa a stampa nel 1928. La contrapposizione amico-nemico non ha carattere “völkisch”: Rosenberg ha assolutamente ragione. In questo blog stiamo redigendo l’indice analitico proprio del testo testo del “Begriff des Politischen”: ogni studioso che ne abbia tempo e voglia può verificare di persona su un piatto non dico d’argento, ma servito pronto. Può scrivere tanti altri libri con poca fatica e costruirci pure una carriera, presentarsi ai concorsi.
È stupido riproporre la questione dei rapporti di Carl Schmitt con il nazismo. È soltanto una operazione di PNL, ossia di «Programmazione NeuroLinguistica», per la quale si rinvia al citato libro Enrica Perucchietti e Gianluca Marletta, utile sintesi di problematiche che dovrebbero essere note a chiunque voglia premunirsi dai “poteri forti” che comandano la comunicazione del mainstream. È stupido perché ogni studioso serio sa che una simile questione andrebbe contestualizzata nel tempo e nello spazio. È stupido perché nessun specifico e personale addebito penale è ascrivibile a Carl Schmitt né prima né durante né dopo l’arco di tempo (1933-1945) il cui il nazismo è stato al potere. È stupido perché i detrattori di Schmitt sono essi stessi non meno condizionati dal potere e dai padroni ai quali obbediscono e dai quali sono pagati: poco importa se sono felici e liberi nella loro obbedienza. È stupido perché non si vede o si finge di non vedere che il «male assoluto», subito dopo il maggio del 1945, il mese dopo con Hiroshima e Nagasaki, il «male assoluto» è diventato ancora più “assoluto” e cresce di anno in anno fino a portare al rischio della distruzione dell’intero orbe terracqueo. E potremmo continuare a descrivere l’insensatezza di una simile operazione, che però ci è di sprone ad aggiornare e potenziare questo nostro blog, per mettere a disposizione di quanti, – sottraendosi alle regole grammaticali della neolingua – vogliono per davvero pensare, e comprendere – proprio grande a Carl Schmitt – come questa Europa sia una grande truffa, cosa che Schmitt aveva già visto e predetto nel 1928. I “poteri forti” non vogliono che si sappia e per questo danno fiato alle trombe della diffamazione.
Antonio Caracciolo
L’UFFICIO DI ROSENBERG
CONTRO CARL SCHMITT
Un documento dell’anno 1937
Verso
la fine del 1936 Carl Schmitt si dimise da parecchie cariche,
attraverso le quali aveva fino allora esercitato una considerevole
influenza sul diritto nel nazionalsocialismo (1). Il 15 dicembre 1936 la
Deutsche Juristen-Zeitung edita da Carl Schmitt smise la pubblicazione e
rinacque nella Zeitschrift der Akademie für Deutsches Recht (2).
Schmitt era diventato la vittima di una campagna, sulla cui riuscita e
mandanti fino ad oggi non sappiamo molto (3). Un ruolo importante può
averlo svolto Waldemar Gurian, un allievo di Schmitt emigrato in
Svizzera, dove pubblicava la rivista della resistenza Deutsche Briefe,
in cui a partire dal 1934 faceva uscire parecchi articoli, che
descrivevano la condotta e le opinioni di Schmitt prima del 1933: i suoi
rapporti in parte amichevoli con ebrei, lo scherno per le teorie della
razza, l’interesse per l’impostazione marxista dei problemi (4).
Evidentemente anche la rivista delle SS, Das Schwarze Korps, conosceva i
testi di Gurian e li utilizzò nei suoi aspri attacchi a Schmitt nel
dicembre 1936 (5). Il 7 gennaio 1937, più o meno dopo l’hallalì, anche
le Mitteilungen zur weltanschaulichen Lage presero parte alla “battuta
di caccia” al “giurista della Corona” (Gurian).
Le
Mitteilungen (Comunicazioni) erano un servizio di informazione
riservata, fatto in ciclostile e proveniente dall’Ufficio di Rosenberg.
Benché con una lettera di Hitler del 24 gennaio 1934 Alfred Rosenberg
fosse stato incaricato “della vigilanza di tutta l’istruzione ed
educazione ideologica e spirituale del partito e di tutte le
associazioni uniformate come pure dell’opera Kraft durch Freude” (6), il
suo Ufficio dell’incaricato del Führer per la vigilanza spirituale ed
ideologica della NSDAP (nell’uso linguistico: Ufficio di Rosenberg)
fondato il 6 giugno 1934 non poté mai raggiungere l’influenza sperata.
La sua competenza riguardava tanto l’istruzione ideologica quanto ciò
che concerne la politica culturale, teatrale, letteraria ed
universitaria del regime; ma nelle questioni veramente decisive i
concorrenti di Rosenberg nel caos di poteri dello Stato del Führer, ad
es. Joseph Goebbles, Heinrich Himmler o Robert Ley erano più forti. Se
però di Rosenberg si tiene presente l’assai estesa politica
dell’informazione, le numerose riviste che controllava, infine il gran
numero di collaboratori in uffici centrali e periferici, allora si deve
stimare almeno considerevole la sua influenza sul pensiero di molti
funzionari.
Il
rapporto qui presentato si distingue dai soliti attacchi
nazionalsocialisti a Schmitt, per es. da quelli di Reinhard Höhn o di
Otto Koellreutter, per l’eccitazione antiromana particolarmente intensa.
Corrisponde esattamente alla concezione del mondo di Alfred Rosenberg,
nella cui opera principale Il mito del XX secolo il cattolicesimo è il
male ed il cancro per antonomasia, prima ancora dell’ebraismo e della
massoneria (7). Va aggiunto che le Mitteilungen erano edite dalla
sezione Archiv für kirchenpolitische Fragen all’interno dell’Ufficio di
Rosenberg, la quale a partire dal 1937 firmava come “Amt Weltanschauliche
Information” (8).
La
lotta contro la Chiesa cattolica nelle Mitteilungen era sempre in primo
piano. L’attribuzione dell’articolo apparso anonimo resta materia di
supposizioni. Autore potrebbe esserne il dirigente della sezione
suddetta, il dott. Matthes Ziegler, nato nel 1911, che fece parte per
qualche tempo dell’Ufficio centrale della sicurezza del Reich e quindi
delle SS; proprio il rinvio a Das Schwarze Korps all’inizio del parere
fa pensare a ciò. Un precedente parere, che non conosciamo (9), redatto
dall’Ufficio di Rosenberg potrebbe forse consentire delle illazioni. La
Abteilung Schrifttumspflege (Sezione per la vigilanza sulla letteratura)
dall’Ufficio di Rosenberg attaccava pure Carl Schmitt, e precisamente
nella rivista Bücherkunde accessibile a cerchie più ampie. Vi apparve il
1° settembre 1937 un articolo piuttosto breve, in cui venivano ripetuti
gli argomenti qui esposti, nel fascicolo del luglio 1939 un saggio più
lungo, un po’ più posato ed accademicamente efficace, in cui ci si
interessava anche del libro di Schmitt su Hobbes (10). Il capo redattore
per le scienze giuridiche della Bücherkunde era il docente di diritto
pubblico ed internazionale di Breslava Gustav Adolf Walz, al quale
propriamente siffatte polemiche importavano meno. Che Carl Schmitt non
potesse pensare di rendere il nazionalsocialismo accondiscendente nei
confronti del cattolicesimo facendo uso di un qualche trucco
argomentatorio è un fatto che non ha proprio bisogno di essere
dimostrato (11). L’isterismo della cerchia di Rosenberg verso “Roma”, e
contro le “congiure dei gesuiti”, era del resto una forza realmente
efficace. Per giunta, ci si serviva di siffatti topoi anche con intenti
manipolatori; era infine noto che essi ottenevano l’effetto desiderato
sugli animi più semplici fra i compagni di partito.
Al
di là del fatto contingente il testo che qui si presenta può ancora
avere interesse sotto un duplice aspetto. In primo luogo esso dimostra
una buona volta per tutte che i nazionalsocialisti non perdonarono mai
l’intervento di Schmitt in favore dei gabinetti del Presidente. Ancora
nel 1937 essi si rendevano perfettamente conto che il loro avversario da
prendere sul serio non era stata la democrazia di Weimar (e le teorie
pubblicistiche che l’appoggiavano), ma i gabinetti presidenziali e
l’art. 48 da questi interpretato e messo in esecuzione. Proprio il
documento che presentiamo conferma l’interpretazione di Schmitt in
Legalität und Legitimität (12). In secondo luogo si mostra la grande
capacità esplicativa del concetto schmittiano di “ordinamento concreto”,
unendo qui una nuova interpretazione a quelle finora avute (13).
La
pubblicazione si basa su di un esemplare delle Mitteilungen trovato nel
1981 presso un antiquario di Francoforte, in carta per duplicatori, 14
pagine in tutto e numerate in modo corrispondente. Dopo la frase
conclusiva dell’articolo su Schmitt (“Questo è il nocciolo della
dottrina di Carl Schmitt”) si trova: “Il foglio di comunicazioni della
lega dei difensori del diritto nazionalsocialista comunica: il capo dei
gruppi del Reich (il gruppo del Reich dei docenti degli Istituti
superiori universitari” – e con ciò termina la pagina 14. Quindi il
numero in questione delle Mitteilungen aveva ancora almeno una pagina
15. L’informazione, le cui parole erano qui riprodotte, si riferiva
presumibilmente alle dimissioni di Schmitt dalle sue cariche (14).
L’ortografia
e la punteggiatura dell’originale tedesco vengono conservate,
egualmente le numerose sottolineature all’interno dei testi di Schmitt
citati. Nell’originale le annotazioni si trovano a piè di pagina in
senso stretto e si collocano – di volta in volta incominciando con “1” –
alla fine della pagina corrispondente. Esse vengono qui rinumerate,
dopo aver inserito fra parentesi quadre le proprie annotazioni. Le
citazioni sono state controllate, senza annotare espressamente
deviazioni alquanto piccole oppure omissioni non essenziali (ad es.,
“sentenze del tribunale” – Gerichtsurteile –, “sentenze giudiziarie” –
gerichtliche Urteile –, ecc.). Le edizioni di volta in volta utilizzate
sono però esattamente indicate. Annotazioni su citazioni vengono
posposte fra parentesi.
Günter Maschke
NOTE
(1)
Alla fine del 1936 Schmitt era presidente della sezione di diritto
pubblico ed amministrativo nell’Accademia del diritto tedesco, dirigente
del Gruppo di lavoro della categoria dei docenti degli istituti
superiori universitari nella federazione dei giuristi tedeschi (BNSDJ),
come pure membro della Commissione per gli Istituti superiori del
sostituto del Führer (competente fra l’altro per le nomine alle cattedre
giundiche).
(2) Cfr.
Deutsche Juristen-Zeitung, 41. Jg., H. 24, del 15 dicembre 1936, con una
“Conclusione dell’editore”, col. 1453-1456, ed alcune osservazioni
preliminari di Hans Frank (“A conclusione”), in cui si dice fra l’altro:
“...ci voleva un bel coraggio a sostenere la linea della lotta
giuridica nazionalsocialista di fronte a tutto il mondo scientifico
ancora assai influenzato in senso antitedesco senza aver riguardo ai
continui attacchi purtroppo anche molto personali, in particolare
all’editore Carl Schmitt. La grande prestazione di Carl Schmitt per il
rinnovamento del diritto tedesco sarà in ogni tempo una superba
testimonianza dell’egemonia intellettuale tedesca” (ivi, c. 1451-52).
(3) Cfr. l’esposizione in: J.W. BENDERSKY, Carl Schmitt – Theorist for the Reich, Princeton 1983, p. 219 ss.
(4)
Cfr. Ia documentazione completa Deutsche Briefe 1934-1938. Ein Blatt
der katholischen Emigration, rielaborata da Heinz Hürten, Mainz 1969, 2
voll.; spec. gli articoli su Schmitt nel vol. I: p. 52 ss., 214 ss., 403
ss.; nel vol. II: p. 107 ss., 130, 205 s., 240 ss., 288 s., 405 ss.,
429, 489 ss., 498 s., 510. Su Gurian cfr.: H. HÜRTEN, Waldemar Gurian –
Eine Zeuge der Krise unserer Welt in der ersten Hälfte des 20.
Jahrhunderts, Mainz 1972.
(5)
Si tratta degli articoli apparsi anonimi “Eine peinliche Ehrenrettung”,
del 3 dicembre 1936, e “Es wird immer noch peinlicher!” del 10 dicembre
1936, in Das Schwarze Korps. L’autore era presumibilmente il capo del
periodico, Gunter d’Aquen; occasione della polemica fu un articolo di
sostegno in favore di Schmitt ad opera del suo allievo Günther KRAUSS,
Zum Neubau deutscher Staatslehre – Die Forschungen Carl Schmitts, in
Jugend und Recht, 10 novembre 1936, p. 252-253, dove veniva illustrata
l’evoluzione del pensiero di Schmitt “dalla Chiesa attraverso lo Stato
fino al Reich”.
(6) La
lettera di Hitler è riprodotta in: Reinhard BOLLMUS, Das Amt Rosenberg
und seine Gegner – Studien zum Machtkampf im nationalsozialistischen
Herrschaftssystem, Stuttgart 1970, p. 54 s. – Il libro documenta in modo
assai impressionante la debolezza politica di Rosenberg e del suo
Ufficio qui solo brevemente accennata.
(7)
Cfr. Alfred ROSENBERG, Der Mythus des 20. Jahrhunderts, München 1943,
11ª ed. (1ª ed. 1930), spec. p. 245 ss., dove è aspramente attaccato
Erich Przywara S.J., un amico intimo di Schmitt.
(8) Sui diversi uffici o sottosezioni dell’Ufficio di Rosenberg cfr. R. BOLLMUS, op. cit., 68 ss.
(9)
Cfr. le osservazioni introduttive del documento infra allegato.
BENDERSKY, op. cit” 240, nt. 84, menziona pure questo testo (con il
titolo “Professor Carl Schmitt”), ma sembra conosca appena questo
parere.
(10) Cfr. in
Bücherkunde, 1° settembre 1937, serie 9, p. 498 il breve articolo di
Helmut MERZDORF, Nur ein Werkzeug?, in cui fra l’altro si dice: “Gli (=
allo scritto “Cattolicesimo romano e forma politica”, G.M.) spetta il
mento di aver svelato e chiarito i metodi di lavoro del cattolicesimo
politico... Egli (= Carl Schmitt, G.M.) dice qui della concezione
cattolica del mondo, che fa diventare ‘tutte le possibilità e le forme
politiche un mero strumento dell’idea da realizzare’. Questa frase
decisiva contiene il programma di teoria dello Stato del cattolicesimo
politico...”.
Il saggio
del Dr. Gustav BERGER, Ein Staatsrechtslehrer als “Theologe der
bestehenden Ordnung”, in Bücherkunde, Juli 1939, p. 332-328, si
interessa più dettagliatamente dell’orientamento cattolico di Schmitt e
giunge alla conclusione dal tono leggermente beffardo: “...egli dovrà
necessariamente comprendere, quando lo consigliamo di non allontanarsi
dalla sua precedente tendenza, ma di proseguirla in modo conseguente.
Sarebbe una grande opera, se partendo ad esempio dalla complexio
oppositorum tentasse una visione d’insieme della dottrina cattolica
dello Stato, per così dire una teoria cattolica della politica. Senza
‘cattolicità’ Schmitt è privo della sua propria linea...” (ivi, 338).
(11
) A Schmitt era imputato fra l’altro: di voler condurre i giuristi
verso il nazionalsocialismo, di voler minare il nazionalsocialismo, di
rappresentare una dottrina accentuatamente non cristiana, di essere un
pensatore accentuatamente cattolico, ecc. In questo c’è qui soltanto
un’ulteriore variante.
(
12) Cfr. le osservazioni aggiunte da Schmitt alla ristampa di Legalität
und Legitimität in: Carl SCHMITT, Verfassungsrechtliche Aufsätze aus den
Jahren 1924–1954. Materialen zu einer Verfassungslehre, Berlin, 1973,
2ª ed., p. 345-350.
(13)
L’ “ordinamento concreto” di Schmitt implica così secondo B. RÜTHERS,
Entartes Recht. Rechtslehren und Kronjuristen im Dritten Reich, München
1988, spec. 59 ss., una sottomissione al nazionalsocialismo secondo E.
SCHWINGE e L. ZIMMERL, Wesensschau und konkretes Ordnungsdenken im
Stratrecht, Bonn 1937, spec. p. 17-33, questo concetto scalza ogni
certezza giundica; secondo A. MOHLER, Carl Schmitt und die “Konservative
Revolution”, in: H. QUARITSCH (Hrsg.), Complexio oppositorum. Über Carl
Schmitt, Berlin 1988, p. 129-151, esso è una ribellione contro le
astrazioni, ma in quanto tale è pure una reazione contro il
nazionalsocialismo, inoltre è connesso con un allontanamento di Schmitt
dal cristianesimo (! G.M.). La lista postrebbe essere prolungata.
(14)
Cfr. le Mitteilungen des NS-Rechtswahrerbundes, Nr. 12, del 15 dicembre
1936, p. 248, in cui si informa brevemente su queste dimissioni.
X,1 All’Ufficio dell’incaricato del Führer per la vigilanza di tutta l’educazione spirituale ed ideologica della NSDAP sono spesso giunte domande, che si occupavano delle precedenti pubblicazioni del Prof. Dr. Carl Schmitt, dopo che questi venne impiegato per collaborare nel suo ambito specialistico da diversi uffici statali e di partito. L’incaricato del Führer per la vigilanza di tutta l’educazione spirituale ed ideologica della NSDAP ha tralasciato su ciò un approfondita presa di posizione, avendo soltanto informato tempestivamente già da parecchio tempo gli Uffici in oggetto [1]. Recentemente, dopo che un settimanale [2] del Movimento ebbe trattato pubblicamente la faccenda, si sono avute di nuovo numerose richieste di ulteriori informazioni presso l’Ufficio dell’incaricato del Führer per la vigilanza di tutta l’educazione spirituale ed ideologica della NSDAP. Appare perciò necessaria un’informazione riservata degli Uffici di partito, senza che con ciò venga presa in alcun modo posizione sull’attività del Prof. Dr. C. Schmitt nelle funzioni che gli sono state affidate.
Nel 1933 Carl Schmitt aderisce al nazionalsocialismo: “sempre più grandi e potenti appaiono allora tanto l’azione quanto il compito del movimento nazionalsocialista tedesco, che professa apertamente la sua responsabilità storica e assume su di sé del tutto pubblicamente l’impresa gigantesca di un’organizzazione portante Stato e popolo” (3). Tuttavia, nel 1932 egli additava ancora l’ “illegalità” di “nazionalsocialisti, comunisti, senza Dio o altro” (4).
Nel 1925 Carl Schmitt pubblicò il libro “Cattolicesimo romano e forma politica” nella collana di pubblicazioni dell’Unione dei laureati cattolici per la tutela della concezione cattolica [5].
Nel 1925 presso la Casa editrice del partito di centro renano egli redasse lo scritto “Die Rheinlande als Objekt internationaler Politik”, un pamphlet del partito di centro renano [6].
Ma con pari entusiasmo Schmitt nel 1930 loda anche lo spirito indipendente dell’ebreo Hugo Preuss, “la cui vita e opera hanno dimostrato la connessione fra libera cultura borghese e costituzione dello Stato” (7).
Potremmo anche chiederci se Carl Schmitt non fosse in un increscioso errore circa i futuri rapporti di forza, quando combatteva la NSDAP, cercando proprio lui di dimostrare che la realizzazione dell’idea nazionalsocialista era necessariamente illegale. Egli infatti insieme con il mezzo ebreo Jacobi [8] avanzava contro la dottrina dominante la tesi secondo cui non era possibile che ad esempio una maggioranza nazionalsocialista nel Reichstag sulla base di una votazione con maggioranza dei due terzi secondo l’articolo 76 modificasse con una legge di revisione costituzionale le “decisioni politiche fondamentali della costituzione”, ossia all’incirca il principio della democrazia parlamentare. Ciò sarebbe “cambiamento della costituzione, non revisione” (9). “Il senso delle disposizioni costituzionali sulla revisione della costituzione non è di avviare una procedura per l’abolizione del sistema di ordinamento, che dovrebbe essere approntata dalla costituzione” (10). Sottolinea dettagliatamente: “Davanti ai numerosi pareri e sentenze giudiziarie sulla legalità o illegalità dell’organizzazione nazionalsocialista, sull’appartenenza sotto il profilo del diritto del lavoro e del pubblico impiego a siffatte organizzazioni, sulla “pacificità” delle loro riunioni, ecc. io vorrei ancora una volta sottolineare che per nazionalsocialisti, comunisti, senza Dio o altro la risposta decisiva a domande del genere, se devono essere fatte oggettivamente dal punto di vista della scienza giuridica, non può essere affatto desunta da singoli isolati articoli della costituzione, per esempio il 118 (libertà di manifestazione del pensiero) o il 130 (libertà di opinione politica degli impiegati pubblici) o addirittura da singole disposizioni di leggi occasionali o di decreti d’emergenza, ma da questa concezione fondamentale del sistema di legalità ed in particolare dell’articolo 76 RV” (11). Egli sottolinea che senza un suo “fondamento” giuridico la terrorizzazione del movimento nazionalsocialista non era affatto possibile: “Ogni favoritismo della forma di Stato esistente o addirittura dei partiti di volta in volta al governo, sia pure con sovvenzioni per la propaganda, nella pubblicità delle trasmissioni radiofoniche, delle gazzette ufficiali, l’applicazione della censura obbligatoria, la riduzione dell’attività dei partiti politici o dell’appartenenza partitica degli impiegati pubblici nel senso che il partito di volta in volta al governo permette agli impiegati pubblici soltanto l’appartenenza al proprio partito o ai partiti non troppo lontani dalla politica del suo partito, i divieti di riunione contro partiti estremi, la distinzione in partiti legali e rivoluzionari secondo il loro programma, tutte queste cose sono nel senso dell’art. 76 grosse e provocanti incostituzionalità. Per la ‘vecchia’ dottrina dominante non possono esserci per il loro scopo o per il contenuto dei loro sforzi partiti, tendenze, organizzazioni, associazioni, ecc. illegali” (12). Egli soltanto, Carl Schmitt, con la sua ‘nuova’ dottrina spianava al governo Brüning la strada per le sue misure di forza.
Osserviamo anche un interessante cambiamento nella sua concezione dell’estensione dei poteri del presidente del Reich nell’applicazione dell’articolo 48 della costituzione di Weimar. In seguito alla prassi contraria a questa limitazione anche Schmitt estese la competenza dell’articolo alle disposizioni con forza di legge. Carl Schmitt si mise però in contrasto con i giuristi democratici della Corona Anschütz-Thoma, quando nel 1933 [13] estese illimitatamente i diritti dell’art. 48. Queste motivazioni assicuravano al gabinetto Brüning la possibilità di sospendere oltre i diritti fondamentali anche gli altri (14).
Carl Schmitt, che in modo assai aspro polemizzò contro il concetto di Stato di diritto (15), aveva definito lo Stato come “forma giuridica, il cui senso consiste esclusivamene nel compito di realizzare il diritto, di produrre una condizione del mondo, che corrisponde il più possibile alle esigenze che si possono desumere dalle idee del diritto nel comportamento degli uomini singoli e nell’edificazione del mondo esterno. In questa definizione, secondo cui lo Stato dipende dal diritto, è particolarmente importante che si lasci entrare lo scopo nella definizione concettuale dello Stato e si veda nello Stato uno strumento dell’azione del diritto sulla realtà” (16).
Sembra tuttavia esserci una considerevole diversità nella valutazione del dominio durato quattordici anni del sistema pluralistico dei partiti, che comunque non riusciva a distruggere del tutto la grande tradizione dello Stato burocratico tedesco (17), contenuta nella Critica dello Stato pluralistico a pag. 25 (18) ed il seguente riconoscimento dei partiti nella Dottrina della costituzione del 1928, pag. 247: “Non c’è nessuna democrazia senza partiti, ma solo perché non c’è nessuna democrazia senza opinione pubblica e senza il popolo sempre presente. Tanto poco l’opinione pubblica si lascia trasformare in una competenza dell’autorità quanto poco un partito può trasformarsi in una autorità, senza perdere il suo carattere di partito, giacché infatti nemmeno il popolo si lascia trasformare in un’autorità pubblica, senza cessare di essere popolo. L’odierna superiorità delle organizzazioni partitiche rispetto al parlamento si basa sul fatto che essi corrispondono al principio democratico dell’identità in quanto – come il popolo – sono sempre esistenti e presenti, senza rappresentarlo”.
---------------
* Traduzione dal tedesco di Antonio Caracciolo, apparsa in “Behemoth”, n. 5, gennaio-giugno 1989, p. 29-38. Il testo originale apparve contemporaneamente in Zweite Etappe (Bonn, Oktober 1988). Le note di Günter Maschke figurano fra parentesi quadre, quelle originali del documento sono fra parentesi tonde. L esottolineature del testo ciclostilato sono sostituite con il carattere corsivo. Il titolo originale del documento è: Der Staatrechtslehrer Prof. Dr. Carl Schmitt ed appare sotto la seguente dicitura: Vertraulich. Mittelungen zur weltanschaulichen Lage. Der Beauftragte des Führers far die Werwachung der gesamten geistigen und weltanscaulichen Erziehung der NSDAP, Berlin W 35, Margaretenstraße 17/13 2 Lutzow 9541, con data: 8. Januar 1937, e numerazione: Nr. 1, 3. Jahr.
NOTE:
[1] Cfr. supra, alla nota 9 della Presentazione.
[2] Cfr. supra, alla nota 5 della Presentazione.
(3) CS, Staat, Bewegung, Volk, Hamburg 1933, p. 28.
(4) CS, Legalitat und Legitimität, München u. Leipzig 1932, p. 50 s.
[5] La seconda edizione dello scritto apparve nel 1925 presso Theatiner Verlag in Monaco come vol. XIII delle “Veröffentlichungen des Verbandes der Vereine Katholischer Akademiker zur Pflege der katholischen Weltanschauung” (Pubblicazioni dell’Unione delle Associazioni dei laureati cattolici per la cura della concezione cattolica del mondo). L’intera collana era intitolata Der katholische Gedanke.
[6] Esattamente: CS, Die Rheinlande als Objekt internationaler Politik, Köln 1925, Kommissionsverlag der Rhein. Volkswacht Köln, Domstr. 6, Flugschriften zum Rheinproblem, Heft 4.
(7) CS, Hugo Preuss. Sein Staatshegriff und seine Stellung in der deutschen Staatslehre, Tübingen 1930, p. 25.
[8] Cfr. su ciò CS/Erwin JACOBI, Die Diktatur des Reichspräsidenten, in: Veröffentlichungen der Vereinigung der deutschen Staatsrechtslehrer, Berlin 1924, H. 1, p. 63 ss., p. 105 ss. (il contributo di Schmitt pure come appendice a: CS, Die Diktatur, München und Leipzig, 1928, 2ª ed., p. 63 ss.). L’autore delle Comunicazioni travisa il contenuto, dal momento che a Schmitt ed a Jacobi nelle loro relazioni al congresso dei docenti di diritto pubblico svoltosi il 14/15 aprile 1924 interessavano soltanto i poteri dittatoriali del presidente del Reich (art. 48), e per nulla l’art. 76. Inoltre nel 1924 la NSDAP non era proprio un elemento determinante di potere, che potesse giustificare simili considerazioni! Più tardi si trovano taluni paralleli fra CS e Jacobi, per ciò che riguarda le loro opinioni sulla modificabilità della costituzione. Il numero dei pubblicisti che sostenevano la modificabilità a piacere mediante deliberazioni di maggioranza diminuiva però costantemente nella seconda metà degli anni venti; cfr. CS, Legalität und Legitimität, cit., p. 49 s. – Le Comunicazioni sono qui particolarmente interessanti perché dimostrano ancora una volta che l’interpretazione di giuristi democratici come Anschütz (o anche Kelsen), secondo cui tutte le modificazioni della costituzione erano possibili – ammesso che ci fossero le maggioranze corrispondenti – era ai nazionalsocialisti più gradita delle elaborazioni di Schmitt, ad esempio in Legalität und Legitimität.
(9) CS, Verfassungslehre, München und Leipzig, 1928, p. 24-26, 103, 104, 105, 391, ecc. – [Le Comunicazioni elencano qui passi scelti piuttosto a caso, che si trovano in un rapporto approssimativo con il problema discusso. La citazione si trova a pag. 105 della Verfassungslehre: “Le decisioni politiche fondamentali della costituzione sono materia del potere costituente del popolo tedesco e non spettano alla competenza delle istanze competenti per le revisioni e le modifiche legislative costituzionali. Modifiche simili producono un cambiamento della costituzione, non una sua revisione”. – Il rapporto delle Comunicazioni con il testo di Schmitt e la tecnica della omissione vanno qui a finire in una consapevole falsificazione del senso].
(10) CS, Legalität und Legitimität, cit., 61.
(11) Ivi, 51 ss.
(12) CS, Legalität und Legitimität, cit., 50-51 [La vecchia “dottrina dominante” à la Anschütz è qui esattamente descritta da CS: “In Anschütz invece la neutralità di fronte ai valori di un sistema di legalità che funziona appena giunge contro se stessa fino alla neutralità assoluta ed offre il mezzo legale all’abolizione della legalità stessa; essa giunge quindi con la sua neutralità fino al suicidio”. Cfr. anche G. ANSCHÜTZ, Die Verfassung des Deutschen Reichs vom 11. August 1919, Berlin 1933, Vierte Bearbeitung, XIV ed., p. 400-408].
[13] Deve interdersi: 1932.
(14) CS, Legalitat und Legitimitat, cit., 71. [Del resto l’autore si riferisce presumibilmente al decreto d’emergenza del 13 aprile 1932, con il quale si ordinava lo scioglimento delle SA e delle SS. Cfr. su ciò: E.R. HUBER, Deutsche Verfassungsgeschichte seit 1789, Bd. VII, Stuttgart 1984, p. 938 ss. CS non aveva niente a che fare con questi provvedimenti di Brüning, il suo scritto Legalität und Legitimität apparve solo nell’inverno 1932].
(15) CS, Der Begriff des Politischen, ed. 1933, p. 51-52; ID., Staat, Bewegung, Vo/k, cit., 23 e 26; ID., Staatsgefüge und Zusammenbruch des zweiten Reiches, Hamburg 1934, p. 14. [Nei luoghi indicati interessa meno lo Stato di diritto che non la polarità di etica ed economia. È quanto meno degno di rilievo il fatto che la peculiare presa di posizione di Schmitt sullo Stato di diritto non è menzionata. Cfr. CS, Was bedeutet der Streit um den ‘Rechtstaat’? in: Zeitschrift fur die ges. Staatswissenschaft, 1935, p. 189-201, così come l’introduzione e la postfazione di Schmitt a: Disputation über den Rechtsstaat, di Günther Krauß / Otto von Schweinichen, Hamburg 1935].
(16) CS, Der Wert des Staates und die Bedeutung des Einzelnen, Tübingen 1914. p. 52. [La superiorità del diritto di fronte allo Stato sostenuta in questo primo senso di Schmitt non significa affatto un’arringa in favore dello Stato di diritto democratico-liberale, come qui suggeriscono le Comunicazioni].
(17) CS, Staat, Bewegung, Volk, cit., 30.
(18) Ivi, 25.
X,1 - Der Dienststelle des Beauftragten des Führers zur Überwacung der gesamten geistigen und weltanschaulichen Erziehung der NSDAP sind häufig Anfragen zugegangen, (segue)
IL DOCENTE DI DIRITTO PUBBLICO
PROF. DR. CARL SCHMITT
Documento riservato proveniente dall’Ufficio di Rosenberg
X,1 All’Ufficio dell’incaricato del Führer per la vigilanza di tutta l’educazione spirituale ed ideologica della NSDAP sono spesso giunte domande, che si occupavano delle precedenti pubblicazioni del Prof. Dr. Carl Schmitt, dopo che questi venne impiegato per collaborare nel suo ambito specialistico da diversi uffici statali e di partito. L’incaricato del Führer per la vigilanza di tutta l’educazione spirituale ed ideologica della NSDAP ha tralasciato su ciò un approfondita presa di posizione, avendo soltanto informato tempestivamente già da parecchio tempo gli Uffici in oggetto [1]. Recentemente, dopo che un settimanale [2] del Movimento ebbe trattato pubblicamente la faccenda, si sono avute di nuovo numerose richieste di ulteriori informazioni presso l’Ufficio dell’incaricato del Führer per la vigilanza di tutta l’educazione spirituale ed ideologica della NSDAP. Appare perciò necessaria un’informazione riservata degli Uffici di partito, senza che con ciò venga presa in alcun modo posizione sull’attività del Prof. Dr. C. Schmitt nelle funzioni che gli sono state affidate.
Nel 1933 Carl Schmitt aderisce al nazionalsocialismo: “sempre più grandi e potenti appaiono allora tanto l’azione quanto il compito del movimento nazionalsocialista tedesco, che professa apertamente la sua responsabilità storica e assume su di sé del tutto pubblicamente l’impresa gigantesca di un’organizzazione portante Stato e popolo” (3). Tuttavia, nel 1932 egli additava ancora l’ “illegalità” di “nazionalsocialisti, comunisti, senza Dio o altro” (4).
Nel 1925 Carl Schmitt pubblicò il libro “Cattolicesimo romano e forma politica” nella collana di pubblicazioni dell’Unione dei laureati cattolici per la tutela della concezione cattolica [5].
Nel 1925 presso la Casa editrice del partito di centro renano egli redasse lo scritto “Die Rheinlande als Objekt internationaler Politik”, un pamphlet del partito di centro renano [6].
Ma con pari entusiasmo Schmitt nel 1930 loda anche lo spirito indipendente dell’ebreo Hugo Preuss, “la cui vita e opera hanno dimostrato la connessione fra libera cultura borghese e costituzione dello Stato” (7).
Potremmo anche chiederci se Carl Schmitt non fosse in un increscioso errore circa i futuri rapporti di forza, quando combatteva la NSDAP, cercando proprio lui di dimostrare che la realizzazione dell’idea nazionalsocialista era necessariamente illegale. Egli infatti insieme con il mezzo ebreo Jacobi [8] avanzava contro la dottrina dominante la tesi secondo cui non era possibile che ad esempio una maggioranza nazionalsocialista nel Reichstag sulla base di una votazione con maggioranza dei due terzi secondo l’articolo 76 modificasse con una legge di revisione costituzionale le “decisioni politiche fondamentali della costituzione”, ossia all’incirca il principio della democrazia parlamentare. Ciò sarebbe “cambiamento della costituzione, non revisione” (9). “Il senso delle disposizioni costituzionali sulla revisione della costituzione non è di avviare una procedura per l’abolizione del sistema di ordinamento, che dovrebbe essere approntata dalla costituzione” (10). Sottolinea dettagliatamente: “Davanti ai numerosi pareri e sentenze giudiziarie sulla legalità o illegalità dell’organizzazione nazionalsocialista, sull’appartenenza sotto il profilo del diritto del lavoro e del pubblico impiego a siffatte organizzazioni, sulla “pacificità” delle loro riunioni, ecc. io vorrei ancora una volta sottolineare che per nazionalsocialisti, comunisti, senza Dio o altro la risposta decisiva a domande del genere, se devono essere fatte oggettivamente dal punto di vista della scienza giuridica, non può essere affatto desunta da singoli isolati articoli della costituzione, per esempio il 118 (libertà di manifestazione del pensiero) o il 130 (libertà di opinione politica degli impiegati pubblici) o addirittura da singole disposizioni di leggi occasionali o di decreti d’emergenza, ma da questa concezione fondamentale del sistema di legalità ed in particolare dell’articolo 76 RV” (11). Egli sottolinea che senza un suo “fondamento” giuridico la terrorizzazione del movimento nazionalsocialista non era affatto possibile: “Ogni favoritismo della forma di Stato esistente o addirittura dei partiti di volta in volta al governo, sia pure con sovvenzioni per la propaganda, nella pubblicità delle trasmissioni radiofoniche, delle gazzette ufficiali, l’applicazione della censura obbligatoria, la riduzione dell’attività dei partiti politici o dell’appartenenza partitica degli impiegati pubblici nel senso che il partito di volta in volta al governo permette agli impiegati pubblici soltanto l’appartenenza al proprio partito o ai partiti non troppo lontani dalla politica del suo partito, i divieti di riunione contro partiti estremi, la distinzione in partiti legali e rivoluzionari secondo il loro programma, tutte queste cose sono nel senso dell’art. 76 grosse e provocanti incostituzionalità. Per la ‘vecchia’ dottrina dominante non possono esserci per il loro scopo o per il contenuto dei loro sforzi partiti, tendenze, organizzazioni, associazioni, ecc. illegali” (12). Egli soltanto, Carl Schmitt, con la sua ‘nuova’ dottrina spianava al governo Brüning la strada per le sue misure di forza.
Osserviamo anche un interessante cambiamento nella sua concezione dell’estensione dei poteri del presidente del Reich nell’applicazione dell’articolo 48 della costituzione di Weimar. In seguito alla prassi contraria a questa limitazione anche Schmitt estese la competenza dell’articolo alle disposizioni con forza di legge. Carl Schmitt si mise però in contrasto con i giuristi democratici della Corona Anschütz-Thoma, quando nel 1933 [13] estese illimitatamente i diritti dell’art. 48. Queste motivazioni assicuravano al gabinetto Brüning la possibilità di sospendere oltre i diritti fondamentali anche gli altri (14).
Carl Schmitt, che in modo assai aspro polemizzò contro il concetto di Stato di diritto (15), aveva definito lo Stato come “forma giuridica, il cui senso consiste esclusivamene nel compito di realizzare il diritto, di produrre una condizione del mondo, che corrisponde il più possibile alle esigenze che si possono desumere dalle idee del diritto nel comportamento degli uomini singoli e nell’edificazione del mondo esterno. In questa definizione, secondo cui lo Stato dipende dal diritto, è particolarmente importante che si lasci entrare lo scopo nella definizione concettuale dello Stato e si veda nello Stato uno strumento dell’azione del diritto sulla realtà” (16).
Sembra tuttavia esserci una considerevole diversità nella valutazione del dominio durato quattordici anni del sistema pluralistico dei partiti, che comunque non riusciva a distruggere del tutto la grande tradizione dello Stato burocratico tedesco (17), contenuta nella Critica dello Stato pluralistico a pag. 25 (18) ed il seguente riconoscimento dei partiti nella Dottrina della costituzione del 1928, pag. 247: “Non c’è nessuna democrazia senza partiti, ma solo perché non c’è nessuna democrazia senza opinione pubblica e senza il popolo sempre presente. Tanto poco l’opinione pubblica si lascia trasformare in una competenza dell’autorità quanto poco un partito può trasformarsi in una autorità, senza perdere il suo carattere di partito, giacché infatti nemmeno il popolo si lascia trasformare in un’autorità pubblica, senza cessare di essere popolo. L’odierna superiorità delle organizzazioni partitiche rispetto al parlamento si basa sul fatto che essi corrispondono al principio democratico dell’identità in quanto – come il popolo – sono sempre esistenti e presenti, senza rappresentarlo”.
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* Traduzione dal tedesco di Antonio Caracciolo, apparsa in “Behemoth”, n. 5, gennaio-giugno 1989, p. 29-38. Il testo originale apparve contemporaneamente in Zweite Etappe (Bonn, Oktober 1988). Le note di Günter Maschke figurano fra parentesi quadre, quelle originali del documento sono fra parentesi tonde. L esottolineature del testo ciclostilato sono sostituite con il carattere corsivo. Il titolo originale del documento è: Der Staatrechtslehrer Prof. Dr. Carl Schmitt ed appare sotto la seguente dicitura: Vertraulich. Mittelungen zur weltanschaulichen Lage. Der Beauftragte des Führers far die Werwachung der gesamten geistigen und weltanscaulichen Erziehung der NSDAP, Berlin W 35, Margaretenstraße 17/13 2 Lutzow 9541, con data: 8. Januar 1937, e numerazione: Nr. 1, 3. Jahr.
NOTE:
[1] Cfr. supra, alla nota 9 della Presentazione.
[2] Cfr. supra, alla nota 5 della Presentazione.
(3) CS, Staat, Bewegung, Volk, Hamburg 1933, p. 28.
(4) CS, Legalitat und Legitimität, München u. Leipzig 1932, p. 50 s.
[5] La seconda edizione dello scritto apparve nel 1925 presso Theatiner Verlag in Monaco come vol. XIII delle “Veröffentlichungen des Verbandes der Vereine Katholischer Akademiker zur Pflege der katholischen Weltanschauung” (Pubblicazioni dell’Unione delle Associazioni dei laureati cattolici per la cura della concezione cattolica del mondo). L’intera collana era intitolata Der katholische Gedanke.
[6] Esattamente: CS, Die Rheinlande als Objekt internationaler Politik, Köln 1925, Kommissionsverlag der Rhein. Volkswacht Köln, Domstr. 6, Flugschriften zum Rheinproblem, Heft 4.
(7) CS, Hugo Preuss. Sein Staatshegriff und seine Stellung in der deutschen Staatslehre, Tübingen 1930, p. 25.
[8] Cfr. su ciò CS/Erwin JACOBI, Die Diktatur des Reichspräsidenten, in: Veröffentlichungen der Vereinigung der deutschen Staatsrechtslehrer, Berlin 1924, H. 1, p. 63 ss., p. 105 ss. (il contributo di Schmitt pure come appendice a: CS, Die Diktatur, München und Leipzig, 1928, 2ª ed., p. 63 ss.). L’autore delle Comunicazioni travisa il contenuto, dal momento che a Schmitt ed a Jacobi nelle loro relazioni al congresso dei docenti di diritto pubblico svoltosi il 14/15 aprile 1924 interessavano soltanto i poteri dittatoriali del presidente del Reich (art. 48), e per nulla l’art. 76. Inoltre nel 1924 la NSDAP non era proprio un elemento determinante di potere, che potesse giustificare simili considerazioni! Più tardi si trovano taluni paralleli fra CS e Jacobi, per ciò che riguarda le loro opinioni sulla modificabilità della costituzione. Il numero dei pubblicisti che sostenevano la modificabilità a piacere mediante deliberazioni di maggioranza diminuiva però costantemente nella seconda metà degli anni venti; cfr. CS, Legalität und Legitimität, cit., p. 49 s. – Le Comunicazioni sono qui particolarmente interessanti perché dimostrano ancora una volta che l’interpretazione di giuristi democratici come Anschütz (o anche Kelsen), secondo cui tutte le modificazioni della costituzione erano possibili – ammesso che ci fossero le maggioranze corrispondenti – era ai nazionalsocialisti più gradita delle elaborazioni di Schmitt, ad esempio in Legalität und Legitimität.
(9) CS, Verfassungslehre, München und Leipzig, 1928, p. 24-26, 103, 104, 105, 391, ecc. – [Le Comunicazioni elencano qui passi scelti piuttosto a caso, che si trovano in un rapporto approssimativo con il problema discusso. La citazione si trova a pag. 105 della Verfassungslehre: “Le decisioni politiche fondamentali della costituzione sono materia del potere costituente del popolo tedesco e non spettano alla competenza delle istanze competenti per le revisioni e le modifiche legislative costituzionali. Modifiche simili producono un cambiamento della costituzione, non una sua revisione”. – Il rapporto delle Comunicazioni con il testo di Schmitt e la tecnica della omissione vanno qui a finire in una consapevole falsificazione del senso].
(10) CS, Legalität und Legitimität, cit., 61.
(11) Ivi, 51 ss.
(12) CS, Legalität und Legitimität, cit., 50-51 [La vecchia “dottrina dominante” à la Anschütz è qui esattamente descritta da CS: “In Anschütz invece la neutralità di fronte ai valori di un sistema di legalità che funziona appena giunge contro se stessa fino alla neutralità assoluta ed offre il mezzo legale all’abolizione della legalità stessa; essa giunge quindi con la sua neutralità fino al suicidio”. Cfr. anche G. ANSCHÜTZ, Die Verfassung des Deutschen Reichs vom 11. August 1919, Berlin 1933, Vierte Bearbeitung, XIV ed., p. 400-408].
[13] Deve interdersi: 1932.
(14) CS, Legalitat und Legitimitat, cit., 71. [Del resto l’autore si riferisce presumibilmente al decreto d’emergenza del 13 aprile 1932, con il quale si ordinava lo scioglimento delle SA e delle SS. Cfr. su ciò: E.R. HUBER, Deutsche Verfassungsgeschichte seit 1789, Bd. VII, Stuttgart 1984, p. 938 ss. CS non aveva niente a che fare con questi provvedimenti di Brüning, il suo scritto Legalität und Legitimität apparve solo nell’inverno 1932].
(15) CS, Der Begriff des Politischen, ed. 1933, p. 51-52; ID., Staat, Bewegung, Vo/k, cit., 23 e 26; ID., Staatsgefüge und Zusammenbruch des zweiten Reiches, Hamburg 1934, p. 14. [Nei luoghi indicati interessa meno lo Stato di diritto che non la polarità di etica ed economia. È quanto meno degno di rilievo il fatto che la peculiare presa di posizione di Schmitt sullo Stato di diritto non è menzionata. Cfr. CS, Was bedeutet der Streit um den ‘Rechtstaat’? in: Zeitschrift fur die ges. Staatswissenschaft, 1935, p. 189-201, così come l’introduzione e la postfazione di Schmitt a: Disputation über den Rechtsstaat, di Günther Krauß / Otto von Schweinichen, Hamburg 1935].
(16) CS, Der Wert des Staates und die Bedeutung des Einzelnen, Tübingen 1914. p. 52. [La superiorità del diritto di fronte allo Stato sostenuta in questo primo senso di Schmitt non significa affatto un’arringa in favore dello Stato di diritto democratico-liberale, come qui suggeriscono le Comunicazioni].
(17) CS, Staat, Bewegung, Volk, cit., 30.
(18) Ivi, 25.
TESTO ORIGINALE TEDESCO:
a) Prefazione di Günter Maschke
b) Testo del Documento
a.
Von
Günter Maschke
Gegen Ende des Jahres 1936 legte Carl Schmitt mehrere Ämter nieder, durch die er bis dahin beträchtlichen Einfluß auf das Rechtswesen im nationalsozialismus ausgeübt hatte (1). Am 15. 12. 1936 stellt auch die von Carl Schmitt herausgegebene Deutsche Juristen-Zeitung ihr Erscheinen ein und ging in der Zeitschrift der Akademie für Deutsches Recht auf (2). Schmitt war das Opfer einer Kampagne geworden, über deren Drahtzieher wir bis heute nicht allzuviel wissen (3). Eine bedeutende Rolle mag dabei Waldemar Gurian gespielt haben , ein in die Schweiz emigrierter Schüler Schmitt, der dort die Wider tand zeit chrift Delltsche Briefe herausgab, in der.er ab 1934 mehrere Artike l ve röffentlichte, die Schmitt Verhalten und eine An iehten vor 1933 childerten: ein teilwei e freundschaftlich er Verkehr mit Juden , ein Spott. über Ras e-Theorien, e in Intere e für marxi ti ehe Frage te llungen.- Offen iehtlieh kannte aueh die Zeitehrift der SS, Das Schwarze Korps, Gurian Texte und benutzte ie bei ihren eharfen Angriffen auf Schmitt im Dezembe r 1936.s Am 7. I. 1937. mehr oder minder bereit
a) Prefazione di Günter Maschke
b) Testo del Documento
a.
Das »Amt Rosenberg« gegen Carl Schmitt
Ein Dokument aus dem Jahre 1937
Ein Dokument aus dem Jahre 1937
Von
Günter Maschke
Gegen Ende des Jahres 1936 legte Carl Schmitt mehrere Ämter nieder, durch die er bis dahin beträchtlichen Einfluß auf das Rechtswesen im nationalsozialismus ausgeübt hatte (1). Am 15. 12. 1936 stellt auch die von Carl Schmitt herausgegebene Deutsche Juristen-Zeitung ihr Erscheinen ein und ging in der Zeitschrift der Akademie für Deutsches Recht auf (2). Schmitt war das Opfer einer Kampagne geworden, über deren Drahtzieher wir bis heute nicht allzuviel wissen (3). Eine bedeutende Rolle mag dabei Waldemar Gurian gespielt haben , ein in die Schweiz emigrierter Schüler Schmitt, der dort die Wider tand zeit chrift Delltsche Briefe herausgab, in der.er ab 1934 mehrere Artike l ve röffentlichte, die Schmitt Verhalten und eine An iehten vor 1933 childerten: ein teilwei e freundschaftlich er Verkehr mit Juden , ein Spott. über Ras e-Theorien, e in Intere e für marxi ti ehe Frage te llungen.- Offen iehtlieh kannte aueh die Zeitehrift der SS, Das Schwarze Korps, Gurian Texte und benutzte ie bei ihren eharfen Angriffen auf Schmitt im Dezembe r 1936.s Am 7. I. 1937. mehr oder minder bereit
b.
DER STAATSRECHTSLEHRER PROF. DR. CARL SCHMITT
[Avvertenza: la traduzione fu da me eseguita a suo tempo direttamente dalla fotocopia del dattiloscritto originale a me fatto pervenire da Günter Maschke. Appena questo dattiloscritto verrà fuori dal mio archivio o maschke me ne fornirà nuova copia, ne pubblicherò direttamente le immagini. Il testo tedesco, comunque, come si è detto era stato in pubblicato in contemporanea dalla rivista Etappe, dal quale viene ora qui ripreso tramitte scanner e riprodotto]
X,1 - Der Dienststelle des Beauftragten des Führers zur Überwacung der gesamten geistigen und weltanschaulichen Erziehung der NSDAP sind häufig Anfragen zugegangen, (segue)
Top.
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