16 dicembre 2006

Piet Tommissen: Carl Schmitt e il renouveu cattolico nella Germania degli anni venti

Si tratta di un saggio di Piet Tommissen da me tradotto in italiano nel 1975 e apparso in “Storia e Politica”, anno XIV, fasc. 4, pp. 481-500. Il testo originale in lingua tedesca è immediatamente disponibile in altro post di questo blog. Essendo ormai trascorsi trenta anni apporto in questa mia traduzione tutte le modifiche e gli aggiornamenti che mi sembreranno opportuni.

Sommario:


I.
IL RENOUVEAU CATTOLICO NELLA GERMANIA DEGLI ANNI VENTI

Gli specialisti considerano l’anno 1918 come un annus mirabilis nella storia del cattolicesimo tedesco. Gli strati popolari cattolici abbandonarono allora quasi da sera a mattina la diaspora spirituale, nella quale erano vissuti per tutto il secolo XIX. I giovani intellettuali di osservanza cattolica perdono il loro complesso di inferiorità; la generazione più anziana si dichiara pronta a collaborare con gente di diversa convinzione e ad assumersi delle responsabilità. I ricercatori, i pensatori ed i poeti cattolici vengono improvvisamente presi sul serio dagli avversari di ieri, cioè vengono letti e giudicati degni di discussione. II cattolicesimo non era più considerato retrogrado. A dimostrazione di ciò si può notare come »Die Tat«, l’accurata rivista del noto editore Eugen Diederichs (1867-1930), pubblicasse rispettivamente nell’aprile 1921, nell’aprile 1922 e nell’aprile 1923 un fascicolo speciale di ispirazione cattolica con il paradigmatico sottotitolo «Mensile per il futuro della cultura tedesca» (1) (non siamo ancora alla fucina di idee raccoltasi intorno ad Hans Zehrer (1889-1964)) (2). Nel terzo di questi quaderni il sociologo Ernst Michel (1889-1964) scrisse un articolo conclusivo, rivolto ai cattolici tedeschi, che recava nel titolo la formula « Extra ecclesiam nulla salus », cioè quel motto di sapore giansenista, che fu per la prima volta usato da San Cipriano (200-258):
«...e tuttavia non abbiamo — come cattolici — il diritto di alzare una muraglia cinese intorno a noi » (3).
Questa frase corrisponde perfettamente ad un nuovo sentimento della vita che si afferma con forza e con coraggio, allo spirito cioè di uno spregiudicato sentimiento de la vida nel senso del famoso spagnolo Miguel de Unamuno (1864-1936).

Che cos’era successo? È molto difficile riuscire a districarsi nel groviglio di forze ed influssi che hanno agito in questo processo di chiarificazione e di emancipazione. Vi fu certamente un contributo di fattori esterni. La prima guerra mondiale e la vita di guerra trasformò uomini e convinzioni. Non a caso il libro del pluridecorato Ernst Jünger (1895-1998), La guerra come esperienza interiore, era molto letto dai veterani. L’esito catastrofico della guerra favoriva il sorgere ed il divulgarsi di una nuova mentalità cattolica. A mio avviso è bene tenere qui distinti tre ordini di fattori: i rapporti politici di forza si prestavano a mutamenti; per il futuro occorreva tenere nella dovuta considerazione la costituzione di Weimar; ed infine erano numerosi i tedeschi che sentivano gli accordi di Versailles come un Diktat. Circa il primo punto è sufficiente ricordare che fra la caduta dell’impero e l’avvento del nazionalsocialismo (1933) si sono avvicendati al potere trentatrè governi, e sempre con l’appoggio del centro. Per quanto riguarda il secondo punto occorre invece osservare che la costituzione dell’11 agosto 1919, frutto degli sforzi del giurista Hugo Preuss (1860-1925), sanciva all’art. 109 l’eguaglianza di tutti i tedeschi di fronte alla legge. I cattolici avrebbero perciò goduto di eguali diritti. Infine, a dimostrazione dello stato d’animo tedesco dopo gli accordi di Versailles, è significativa l’opinione del convertito Theodor Haecker (1879-1945). Nel Brenner, l’intelligente rivista di Ludwig von Fickers (1880-1967) (4), egli scrisse sulla « bestemmia di Versailles », qualificò la Società delle Nazioni come un «aborto del veleno wilsoniano e del lerciume gallico», ed inoltre si mostrava del parere che per l’attiva assistenza ai profughi il dinamico Frithjof Nansen (1861-1930) fosse agli occhi di Dio molto piu gradito che non il cardinale belga Désiré Joseph Mercier (1851-1926) (5),
«il quale vede così bene come da un telescopio le schegge nell’occhio del prossimo quasi fossero travi e non scopre dall’altra estremità neppure una volta la trave che è nel suo ‚latino’» (6).
Tutto ciò sarebbe tuttavia rimasto senza effetto, se non si fossero manifestati anche altri fattori. Ad esempio, produsse certamente i suoi effetti il lavoro iniziato nel 1903 da Karl Muth (1867-1944) e dai collaboratori di Hochland, per avviare il cattolicesimo ad un atteggiamento di apertura culturale. C’era poi Max Scheler (1874-1928). I suoi colleghi Peter Wust (1884-1940) e Dietrich von Hildebrand (1889-1977) hanno chiaramente dimostrato l’attrazione e l’influenza, che egli esercitò su molti giovani intellettuali negli anni decisivi 1916-1921. Ed infine, gli artt. 135 e 137 della costituzione di Weimar non rimasero certo privi di conseguenze. L’art. 137 dichiarava expressis verbis che nell’Impero tedesco non esisteva alcuna chiesa di stato. Era cioè segnata la fine del summus episcopus del protestantesimo tedesco. L’art. 135 d’altro canto garantiva a tutti gli abitanti dell’Impero la piena libertà di fede e di coscienza ed ebbe automaticamente come conseguenza il rientro degli ordini esiliati o emigrati. Tra il 1913 e il 1926 il numero dei conventi maschili salì da 373 a 559 ed il numero dei religiosi da 6.430 a 10.458 (7). Non c’e quindi da meravigliarsi se dopo il 1918 veniva alla luce qualche talento nascosto. Sarebbe però sbagliato voler desumere da questo fatto, come si è talvolta tentato, il sorgere di una élite cattolica. Si può tutt’al più parlare di una brillante pleiade di giovani e promettenti forze.

In questa nuova situazione i cattolici disponevano di solide riviste, presto destinate alla collaborazione di studiosi di diverso orientamento. II movimento liturgico, che sotto l’impulso dell’abate benedettino Ildefons Herwegen (1874-1946) ebbe inizio il giorno di Pasqua 1918 con la serie di scritti Ecclesiam orans, conquistava rapidamente un vasto seguito fuori dei confini dell’Impero (8). Ne può qui rimanere senza menzione il movimento giovanile. II Quickborn, uscito da una lega di astinenti, si riuniva nel 1919 per la prima volta al Burg Rothenfels; Romano Guardini (1885-1968) era il mentore spirituale e gli Schildgenossen fungevano da tribuna ideologica. Importanti teologi — Erich Przywara (1889-1972), Karl Adam (1876-1966) e Carl Eschweiler (1886-1936) — facevano molto parlare di sé; le pubblicazioni di Carl Sonnenschein (1876-1929) e Peter Lippert (1879-1936) trovavano volenterosi lettori, mentre i libri di un Friedrich Muckermann (1883-1946) erano di preferenza letti in circoli culturali.

Di particolare menzione ha bisogno l’ideologia dell’Impero che aveva fatto breccia nei circoli cattolici. Qui — ha giustamente osservato Klaus Breuning (9) — può aver agito da lievito una certa nostalgia austriaca. Alti dignitari fomentavano i risentimenti e contribuivano in questo modo alla reintegrazione della componente cattolica nella popolazione. Michael von Faulhaber cardinale di Monaco, bollò al convegno nazionale del 1922, nonostante le proteste del centro, la rivoluzione del 1918 come spergiura, rea di alto tradimento e carica del segno di Caino.

II.
LA POSIZIONE DI CARL SCHMITT

Per il suo ruolo di apologista della chiesa romana, da un canto, e per quello di acuto scrittore di teologia politica, dall’altro, Carl Schmitt (1888-1985) merita una posizione particolare nella storia della rinascita cattolica tedesca. Prima di volgerci a questa doppia funzione, conviene però esaminare più da vicino alcuni aspetti della personalità dello studioso. Va anzitutto tenuto presente che i cattolici tedeschi, quelli che prima della guerra si trovavano sulla difensiva e quelli che dopo la sconfitta bellica si disposero all’offensiva, avevano un rapporto fondamentalmente diverso col fenomeno della secolarizzazione. I cattolici del periodo precedente alla guerra protestavano di continuo contro l’ottimismo arrogante di quelli che, come ha detto assai bene Albrecht Erich Günther (1893-1942), figlio della scrittrice Agnes Günther(1863-1911), erano entusiasti della «secolarizzazione produttiva» (10). Tra questi, ad esempio, si trovavano monisti del taglio di un Ernest Haeckel (1834-1919). Dopo la guerra tutto ciò sembra rapidamente mutare. Gli «antesignani della secolarizzazione », fatta eccezione per singoli volgarizzatori, devono ora cedere il campo agli «osservatori della secolarizzazione» (11). Questi ultimi sentivano che l’evoluzione del fenomeno era ormai giunta così lontano che non si poteva più non rilevare il fatto storico. In questo nuovo apprezzamento della situazione si riconobbero biologi come Jakob von Uexküll (1864-1944) con il suo ambiente accademico, biologi come Hang Bogner (1895-1948), autori con interessi filosofici come Erwin Guido Kolbenheyer (1878-1962) ed anche giuristi come Carl Schmitt. Nel caso di Schmitt vale una frase di Georg Friedrich Hegel (1770-1831), scritta nella Prefazione ai suoi Lineamenti di filosofia del diritto:
«per quel che si riferisce all’individuo, ciascuno è senz’altro flglio del suo tempo ».
Molto in vista nel pensatore l’esistenza di una vena estetica. Non per nulla è amico di pittori come Werner Gilles (1894-1961), Werner Heldt (1904-1954), Ernst Wilhelm Nay (1902-1968), di poeti come Theodor Däubler (1876-1934), Konrad Weiss (1880-1940), Hugo Ball (1886-1927), di saggisti come Franz Blei (1871-1942), di autori come Ivo Andric (1892-1975), Robert Musil (1880-1942), Ernst Jünger (12). Da giovane, in collaborazione con l’amico Fritz Eisler (?-1914), Schmitt ha pubblicato un volume di parodie (“Schattenrisse”, 1913). È giustamente considerato un esperto dell’opera di Hermann Melville (1819-1891) e dei grandi, medi e piccoli araldi del romanticismo. La sua interpretazione della figura di Amleto attende ancora l’accoglienza degli anglisti. Walter Benjamin (1892-1940) dice espressamente di aver utilizzato i concetti dello Schmitt nella stesura del grandioso libro sulle Origini della tragedia tedesca (1928) (13).

Dinanzi a queste e ad altre prove non stupisce come il giurista Peter Schneider potesse osservare che a Schmitt riuscì sempre « di guadagnare al fascino estetico l’arido terreno della giurisprudenza, pur non oltrepassando gli imperativi della tecnicità » (14).
Non meno importante è l’ininterrotto interesse di Schmitt per Donoso Cortés e per Thomas Hobbes. Da parte di competenti è stato ammesso che in Germania Cortés è stato conosciuto solo grazie agii sforzi di Schmitt. Si tratta in pratica di uno studio pubblicato in quel «liber amicorum» di Max Weber a cura di Melchior Palyi, e di due contributi per Muth (15). Come tutti sanno, Cortés, il cui contributo alla formazione del discusso Syllabus errorum (1864) di Papa Pio (15) e rimasto spesso ignorato, ha lanciato il guanto di sfida ai suoi avversari con gesto da gran signore: De donde sacais que los hombres son solidarios entre siy hermanos, iguales Uhres? (16) Pieno di disprezzo deflnisce la borghesia liberale una clasa discutidora. I numerosi ed energici attacchi di questo cavaliere senza paura e senza macchia non solo influenzarono grandemente Schmitt, ma contribuirono anche alla cristallizzazione delle sue posizioni. Otto Koellreutter non si sbagliò affatto allorché subodorò nel suo collega un difensore della filosofia cortesiana dello stato (17). Con Hobbes, Schmitt iniziò durante il suo periodo di Bonn un dialogo che è rimasto fino ad oggi ininterrotto: « l’importanza di Hobbes per la comprensione del pensiero schmittiano è da lungo tempo nota agli specialisti» (18).

(segue)



NOTE
DI PIET TOMMISSEN E INTEGRAZIONI DI ANTONIO CARACCIOLO

(*) Trad. it. a cura di Antonio CARACCIOLO. II saggio appare contemporaneamente in Criticón, n. 30, 1975.

(1) Molti contributi di questi quaderni sono stati successivamente raccolti in volume; cfr. Ernst MICHEL, Kirche und Wirklichkeit. Ein katholisches Zeitbuch, Jena, Diederichs, 1923. Inoltre la posizione critica di Alois DEMPF, Die Kirche und die christliche Persönlichkeit (in Hochland, 21. Jahrg., Heft 3, Dez. 1923, S. 305-309).

Fonte iconografica: ritratto di Ernst Horneffer e bibliografica. - «La storia della Chiesa cattolica tedesca è particolarmente complessa, soprattutto dal punto di vista del rapporto con lo stato»: così inizia una concisa voce di Wikipedia. Ernst Horneffer (1871-1954) fu tra i primi ad occuparsi delle opere di Nietzsche. Mise subito in guardia dai tentativi di falsificazione della sorella di Nietzsche che voleva a tutti i costi pubblicare un'opera che il fratello non ha mai scritto: la Volontà di potenza. Horneffer non era propriamente un cattolico praticante, bensì un massone.

INTEGRAZIONI

a) L’articolo di Piet Tommissen fu composto nel 1975. Nel febbraio 1923 si è avuta una parziale apertura degli Archivi Vaticani relativi al pontificato di Pio XI (1922-1939). Si trova disponibile in rete un "resoconto" di Thomas Brechenmacher sulle nuove prospettive degli studi sul cattolicesimo tedesco prima e dopo il 1933.
b) La scrittrice Helene Voigt fu moglie dell’editore Eugen Diederichs. Ho trovato in rete una breve scheda da cui ricavo: «Nata in Gut Marienhof, morta nel 1961 a Jena. Crebbe in campagna in una famiglia di artisti. Durante un viaggio in Italia conobbe l’uomo che più tardi, nel 1898, sposò: Eugen Diederichs. Nel 1904 si trasferì insieme con lui a Jena. La loro casa divenne il centro dell’elite spirituale e culturale della città. Dopo la separazione dal marito nel 1911 lasciò Jena e scrisse libri di viaggio, racconti e romanzi. Negli ultimi suoi anni Helene Voigt-Diederichs ritornò a Jena».


(2) Kurt SONTHEIMER, Der Tatkreis (in Vierteljahrshefte für Zeitgeschichte, 7, Jahrg. Heft 3, Juli 1959, S. 229-260). Di altro avviso era Wilhelm RÖPKE, Explications de l'Ällemagne (Genf, A l'Enseigne du Cheval Ailé, 1945, 318 S., Nr. 7 nella colonna « Le livre vert»), S. 89-91.


(3) Ernst MICHEL, Extra ecciesiam nulla salus. - Ein Sehlusswort an die Katholiken (in Die Tat, 15. Jahrg. Heft I, April 1923, S. 1-7), S. l. La frase latina è stata del resto ripresa tanto dal 4° concilio lateranense (1215) quanto dal concilio di Firenze (1439). La tesi tipicamente giansenista « Extra ecclesiam nulla conceditur gratia» è stata invece formalmente respinta da papa CLEMENTE XI nella bolla Unigenitus (1713).

(4) X, Der Brenner. - Leben und Fortlegen einer Zeitschrift (München, Kösel, 1965, 46 S.).


(5) Theodor HAECKER, Nachtrag su «Versailles» (in Der Brenner, 7. Jahrg. Heft I, S. 17-25), p. 18, 23 e 24.

(6) Esiste uno studio sulla condotta di questo princlpe della chiesa nei confronti del movimento fiammingo; cfr. Robrecht BOUDENS, Kardinal Mercier en de Vlaamse beweging (Löwen, Davidsfonds, 1975, 304 S., Nr. 128 nella collana «Keurreeks»).

(7) J. G. LAPORTA, Strevingen bij de Duitsche Katholieken, sinds den oorlog (Brüssel, Standaard Boekhandel, 1932, 35 S., Nr. 299 nella collana «Katholieke Vlaamsche Hoogeschooluitbreiding»), S. 6-7.

(8) Ad esempio, nelle Fiandre, soprattutto per iniziativa di Victor LEEMANS, che tra l’altro ha anche pubblicato una delle prime monografie su Carl SCHMITT (1933). In questo contesto ha bisogno di una particolare menzione l’attivitò del benedettino Odo CASEL. II suo libro Das christliche Kultmysterium (Regensburg, Pustet, 1932, 176 S.), è un lavoro di notevole valore.


(9) Klaus BREUNING, Die Vision des Reiches. - Deutscher Katholizismus zwischen Demokratie und Diktatur (1929-1934) (München, Max Hueber, 1969, 404 S.), S. 25-38.

(10) Albrecht Erich GÜNTHER, Der Endkampf zwischen Autorität und Anarchie. - Sulla “Teologia politica di Carl Schmitt” (in Deutsches Volkstum, 13 Jahrg. Heft I, Januar 1931, S. 11-20), p. 15.

(11) Albrecht Erich GÜNTHER, art. cit. (cfr. supra nota 10), p. 14.

(12) SCHMITT ha parlato di alcune di queste amicizie e conoscenze. Forse si puö qui ricordare che egii ha addirittura letto nelle bozze L’uomo senza qualità del MUSIL (comunicazione orale del 10 maggio 1975).

(13) Cfr. la lettera di BENJAMIN, pubblicata nell’importante libro di Hans Dietrich SANDER (1928-), Marxistische Ideologie und allgemeine Kunsttheorie

(segue)

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