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1. Premessa. – Per un Bibliografo della Sekundärliteratur su Carl Schmitt può essere difficile stabilire quando un articolo, contenente citazioni più o meno numerose, più o meno significative possa venire incluso nella Bibliografia o esserne escluso. Occorre poi anche chiedersi a cosa serva un articolo o anche un libro su un Autore, nel nostro caso Carl Schmitt. Serve per capire meglio l’Autore in questione? Più di quanto ognuno non possa capire autonomamente leggendo direttamente il testo ed escludendo la mediazione degli interpreti? Ed a cosa servono gli interpreti? Ad allontanare o ad avvicinare da un Autore, che resta sempre e comunque un’espressione del suo tempo e della sua terra? Sono tanti i problemi che si affacciano e che noi qui ed ora non affronteremo. Ricordo soltanto come nel 1989 uscì sulla Vierteljahrsschrift un articolo, quasi stizzito del fatto che Carl Schmitt in Italia avesse un certo successo, suscitando interesse, traduzioni, articoli. Non è la prima volta che un autore consegua una maggiore fortuna all’estero che non suo paese. La condizione della Germania, oggi, sono non di molto migliori di quello del Terzo Reich, se si finisce in galera, con una pena di 12 anni di carcere duro, per il solo crimine di aver scritto un libro, toccando temi proibiti. In questo clima di terrorismo ideologico cade anche il dibattito su Carl Schmitt, continuamente “accusato” dai suoi detrattori e “difeso” da amici, allievi o semplicemente da quanti ritengono intelligenti e interessanti ancora oggi i suoi libri ed articoli.
Quell’articolo di Wolfgang Schieder su “Carl Schmitt und Italien” richiedeva già allora una risposta che non ha trovato il suo tempo per essere concepita e formulata. Non so se lo sarà questa, che potrebbe avere come titolo “Carl Schmitt und die Vierteljahrshefte”. Ci accingiamo, in più sedute, a un lavoro di compilazione pescando le citazioni di Carl Schmitt in 62 articoli della rivista, apparsi dal 1955 al 2009, per oltre 1500 pagine, utilizzando la disponibilità gratuitamente online della rivista stessa. Di ogni citazione cercheremo di studiare il contesto, la pertinenza, gli intenti polemici o meno del suo autore. Ci avvarremo anche, mettendoli alla prova, dei nostri Apparati in corso di redazione, in particolare l’Indice analitico di tutta l’opera di Carl Schmitt, in modo da verificare l’effettiva conoscenza del testo di Schmitt quanto le intenzioni, i pregiudizi, le opzioni che quasi sempre animano l’interprete, il quale pensa di avere l’ultima parola (e dunque di avere ragione) solo perché parla per ultimo senza che altri possa o intenda replicare. Quindi, ci avviamo ad una ricerca le cui tesi non possiamo anticipare perché non ve ne sono. Ciò che apprenderemo, possiamo conoscerlo solo alla fine, anche se nutriamo qualche sospetto. Chiediamo pertanto ai nostri pochi lettori di avere pazienza e di accettare una scrittura “in progress” e sempre suscettibile di revisioni e persino mutamenti di giudizio. La foto di Wolfgang Schieder, figlio d’arte di Theodor, non ha alcun significato polemico o provocatorio. Risponde soltanto a una nostra esigenza, o debolezza, di poter avere presente un volto, una faccia, anziché una firma. È una elementare esigenza di umanizzazione. Niente di più. Ah... Dimenticavo. Un dato assai importante. L’Institut für die Zeitgeschichte, dove chi scrive ha studiato per qualche tempo, è importante perché contiene un fascicolo del Sichereitsdienst su Carl Schmitt. Credo fosse stato desecretato proprio l’anno in cui io incominciai a studiarlo. Sarà interessante vedere se in qualcuno del 62 articoli che citano Schmitt si parla di questo fascicolo.
Wolfgang Schieder (n. 1935) |
(segue)
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